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Ugo Borghetti a cuore aperto

Che la Lovegang sia ormai una sicurezza a praticamente ogni progetto che un suo componente pubblica era cosa ormai assodata da tempo, ma questa volta Ugo Borghetti ha deciso di alzare ancora una volta l’asticella, aprendosi come mai aveva fatto prima.

Qualche settimana fa un mio collega aveva definito il nuovo album di Marracash come un lavoro fatto a mente lucida, Bebbo invece, in Primo Soccorso, è a cuore aperto, non mette filtri fra il suo io interiore e la sua penna, tutto ciò che prova e pensa viene riversato prima nei testi e poi sulla base, con le sue fragilità e le sue insicurezze.
Il punto di forza di Ugo, fin dai tempi di Senza Ghiaccio con Asp, è sempre stato l’essere diretto, ti sbatte in faccia le dipendenze da droghe pesanti, senza esaltazione ma il racconto lucido di un’abitudine autodistruttiva, una fuga da altri demoni interiori.

Ma dietro a Bebbo non c’è solo la vita al limite delle dipendenze e dell’alcolismo, c’è tanto spazio per l’amore e come lo racconta lui pochi in Italia sanno farlo, creare delle situazioni così reali tramite le parole da sembrare di vedere un film, ancora una volta si mette a nudo, decostruendo inoltre l’immaginario del rapper machista duro e puro che non deve mai mostrare debolezze (“Più omo de tutti ‘sti trapper/Perché ammetto che allo specchio piango”), un’amore incondizionato che Ugo ha sempre dimostrato nelle sue canzoni più lente e meno aggressive.

L’amore di Ugo non è sempre dedicato a una donna ma spesso ha un rapporto quasi simbiotico con Roma e in particolare il suo quartiere Trastevere, un quartiere popolare e centro delle serate di molti ragazzi e ragazze, il rapper della Lovegang ne fa alcune descrizioni talmente cristalline che, giusto pochi mesi fa, quando finalmente sono riuscito a farmi una vacanza nella Città Eterna, ogni angolo mi riportava a qualche verso delle sue canzoni.

Nei versi di Primo Soccorso è ben visibile anche il senso di colpa, dato dall’aver spesso deluso i genitori, anche se con delle buone intenzioni, di aver tralasciato dei rapporti umani, di ricadere spesso negli stessi errori, insomma questo disco, per Ugo Borghetti, è un disco terapeutico, una chiacchierata fra sé e sé dove mostrarsi con tutte le fragilità aprendo il cuore e con una sorta di dualismo anche un’operazione a cuore aperto.

Impossibile poi non pensare alla penna di Charles Bukowski leggendo e sentendo i versi di Ugo, sia per le tematiche trattate, al limite del noir e del pulp, sia per lo spoken word, stile che da sempre è peculiare del membro della 126 e che rimanda anche agli stornelli romani degli anni passati, in questo cordone ombelicale che lega Bebbo a Roma e che sempre ritorna nelle sue liriche, con quel sapore di Piazza San Callisto che è impossibile da togliergli.

Se alcuni potrebbero obiettare che lo stile di Bebbo potrebbe risultare pesante alla lunga, in Primo Soccorso c’è da fare un plauso a Ugo per la scelta dei featuring: Gianni Bismark e Lil Kvneki portano una ventata di musicalità e di romanità mischiandosi alle barre del rapper come solo due artisti professionisti e, soprattutto, amici riuscirebbero a fare, a loro si aggiungono le due ottime sorprese e scoperte di S.o.f.i.a., che fa due ottimi ritornelli in Roma e Santoddio dando prova di una vocalità che è un piccolo gioiello in italia, e Barrabravas, che si conferma uno degli artisti da tenere d’occhio nei prossimi mesi portanto con se tutto il pacchetto culturale e musicale della tradizione rap romana nata con il TruceKlan.

Infine un plauso va fatto alle produzioni di Dr. Wesh che ha curato tutto il disco, i giri di chitarra acustica creano quell’atmosfera perfetta che serve alle malinconiche liriche di Ugo Borghetti, ma si alternano anche a brani decisamente più aggressivi che ben si adattano al timbro graffiato del rapper, menzione d’onore alla produzione di Mare che da un’arpeggio passa alla cassa dritta, come ha detto il compagno di crew Ketama “Un pezzo che vi farà piangere ma anche ballare”.

Ora non ci resta che aspettare di goderci questo disco dal vivo.