Intervista a BigMama: una storia di passione e di rivalsa

BigMama è lo pseudonimo di Marianna Mammone, giovane promessa classe 2000 della scena rap italiana. Proviene dalla provincia di Avellino, prima di spostarsi un anno fa a Milano per continuare i suoi studi universitari e farsi notare da Pluggers, etichetta di Massimo Pericolo, che l’ha accolta felicemente nel proprio team.

Nonostante la giovane età, dal 2013 BigMama si avvicina al mondo del rap e scrive il suo primo testo, quello che poi un anno dopo avrebbe registrato da sola nella propria cameretta e che nel 2016 sarebbe diventato Charlotte, il primo di una serie di brani che inizia a pubblicare su YouTube. Marianna trova così il coraggio di mostrare al pubblico le sue cicatrici, raccontate attraverso testi intimi, accompagnati da un’ottima padronanza del linguaggio e capacità di distinguersi per il suo flow. Ma è solo a distanza di tre anni, dopo il trasferimento dalla provincia alla città di Milano, precisamente nel settembre 2019, che pubblica su tutte le piattaforme di streaming il singolo 77, seguito nei due mesi successivi dalle uscite di Lights Off e Amsa. Si tratta di tre freestyle che dimostrano a 360° il talento di Mama e la voglia di dimostrare come nel 2020 le figure femminili nel rap abbiano sempre meno un ruolo marginale.

Il debutto della giovane rapper originaria di Avellino è molto promettente. Durante queste settimane di quarantena abbiamo fatto quattro chiacchiere per via telematica con BigMama per scoprire qualcosa di più su di lei e sui suoi progetti futuri.

(A cura di Stefano Rizzetto per Futura 1993)

Partirei chiedendoti chi è BigMama e quando hai capito che il rap sarebbe diventato qualcosa di più che una semplice passione.

BigMama nasconde dietro di sé Marianna, nata nel 2000 ad Avellino e vissuta in un piccolissimo paese di provincia, prima di arrivare un anno fa a Milano. Ho utilizzato il verbo “nascondere” non a caso, infatti per me BigMama ha sempre rappresentato una sorta di scudo da usare contro gli altri. È come se tutto avesse avuto origine da una mia perenne esigenza di sfogarmi, nata sicuramente da svariati momenti di bullismo subito durante l’infanzia e l’adolescenza. Molti tornano a casa dopo una giornata pesante e piangono, io preferivo scrivere perché non volevo “dare nell’occhio”, o meglio, non volevo che la mia famiglia sentisse lo stesso peso che io sentivo tutti i giorni. Sicuramente tutto è nato da una mia passione indescrivibile per la musica, in particolare il canto, e da un forte legame con il mondo del rap, che ho scoperto quando frequentavo le medie. Ho scritto il mio primo testo a 13 anni, l’ho registrato da sola a 14 ed ho trovato il coraggio di pubblicarlo soltanto due anni dopo, nel 2016. Inizialmente lo tenevo per me, era troppo intimo e non mi andava di mostrare le mie cicatrici alle altre persone. Solo nel momento in cui capii veramente che le mie parole avrebbero potuto aiutare qualcuno nella mia stessa situazione decisi di fare il grande passo, aprendo un canale YouTube e pubblicando Charlotte il primo settembre del 2016.

Cosa dobbiamo aspettarci dai tuoi prossimi brani? Hai in programma di far uscire un album o un EP in questo 2020?

In questi anni posso dire di aver avuto una crescita continua a livello di tecniche, testi, tematiche ed attitudine, ma a partire dai prossimi progetti mi piacerebbe “tornare indietro”: lasciare gli incastri e le barre contorte da parte e far suonare sulla base solo ciò che ho da dire per davvero. Voglio lavorare molto, è il momento giusto per farlo, potete solo aspettarvi cose big, ma non posso farvi spoiler.

Quali sono i tuoi punti di forza che pensi possano distinguerti rispetto ai tuoi colleghi?

Probabilmente la genuinità e l’umiltà al primo posto, dato che non ho mai sentito il bisogno di costruire un personaggio che si distaccasse da chi sono io davvero. Non mi interessa cambiare per gli altri, né tantomeno fingere di essere qualcuno per risultare più forte agli occhi delle persone. Poi sicuramente la mia ironia, che, accompagnata dai miei difetti, crea un mix perfetto di self confidence che voglio trasmettere agli altri, unita ad una filosofia personale che segue le tematiche del body positive.

Sei molto giovane eppure hai già la tua visibilità. Alla luce di collaborazioni tra artisti di generazioni differenti, come per esempio quella tra Marracash e tha Supreme, quanta importanza dai all’età e all’esperienza per poter fare rap nel 2020?

Probabilmente senza tutte le mie esperienze nel mondo della musica ad oggi non avrei assolutamente tutta questa sicurezza e tranquillità nel fare rap. Sono felice di aver iniziato molto giovane poiché ho praticato moltissimo negli anni, ma al contempo resto comunque una ragazzina del 2000. Non so quanta influenza abbia l’età nel rap game, ma so sicuramente che gli ascoltatori sono alla costante ricerca di qualcosa di nuovo, non solo a livello musicale, ma soprattutto a livello di testi e di barre in cui vogliono rispecchiarsi. Quindi sicuramente, per una società che cambia in maniera molto veloce, le figure di artisti più giovani spiccano, poiché rispecchiano maggiormente ciò che viene richiesto dalle nuove generazioni.

Negli ultimi anni numerosi volti femminili sono diventati protagonisti nel rap game. Quali tue colleghe stimi maggiormente?

Partendo dal presupposto che tutte le ragazze che fanno rap in Italia hanno la mia stima, ho sempre premiato la credibilità e soprattutto l’umiltà di un artista. Quindi mi sento di nominare Madame, Chadia Rodriguez e NATDARLING.

Quanto senti di essere cambiata col passaggio da Avellino a Milano? In quello che scrivi c’è ancora molto della tua città d’origine?

Sono cambiata moltissimo e non solo a livello musicale. Milano è esattamente ciò che cercavo, Avellino mi stava stretta e quindi sono scappata, continuando gli studi dopo il liceo qui al Politecnico. Ho iniziato finalmente essere me stessa al 100%, ne avevo fin troppo bisogno. Gente nuova, idee pazzesche, concerti, backstage, artisti, davvero tantissime opportunità. In quello che scrivo resta moltissimo di casa mia, tutto ciò che ho da dire è partito da lì e continua a girarci intorno. Le radici sono la cosa più importante che abbiamo e per parlare di me devo sicuramente partire da quelle.

Quanto ti ha influenzato Massimo Pericolo nella scelta di entrare a far parte della famiglia di Pluggers? Ci saranno collaborazioni con lui o con altri rappers dell’etichetta in futuro?

Stimo davvero tantissimo Vane, ma sono stati i ragazzi di Pluggers ad avermi colpita e affondata. Sono simpaticissimi, amorevoli, in gamba e hanno tutto ciò che stavo cercando qui a Milano. Per ora stiamo lavorando tantissimo e al futuro penseremo tra un po’, ma anche qui non vi spoilero nulla.

Raccontaci di tre dischi che ti hanno formato musicalmente ed umanamente e ti hanno portato ad essere BigMama.

The Island Chainsaw Massacre di Salmo, Santeria di Marracash e Gué Pequeno ed infine The Golden Age Of Grotesque di Marilyn Manson. Sono tre album molto diversi tra loro, ma che mi hanno fatto capire che la musica può essere molto “elastica” a seconda di ciò che si vuole comunicare. I primi due sono grandi classici del rap italiano, sicuramente fonte di ispirazione degna di professionisti. Il terzo è indescrivibile, oserei dire inumano.

Pensi che la scena italiana sia al passo delle altre a livello europeo? Quali sono i punti di forza secondo te del rap italiano?

Assolutamente, in Europa a parer mio il rap italiano è sul podio, insieme a quello francese e tedesco. Probabilmente i nostri punti di forza sono la voglia di rivalsa data probabilmente dalla forte crisi che affrontiamo ancora, la nostra profonda cultura e tradizione ed infine i diversi accenti/dialetti presenti nella nostra penisola, che rendono ogni artista unico.

Con quali grandi nomi internazionali ti piacerebbe collaborare in futuro?

Sicuramente Billie Eilish, ultimamente ascolto tantissimo i suoi pezzi e li amo tutti. Poi ci sarebbero i Little Big, dei pazzi con delle sonorità pazzesche. Infine, Juju e Nura delle SXTN, penso di conoscere tutti i loro pezzi a memoria e le ascolto da tantissimo tempo.

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