OSC – Illustro chi illustra

In questa dolce giornata primaverile bolognese, inspiegabilmente non umida, vi presento OSC, giovane illustratore e cartoonist romano, che, oltre a raccontarsi, apre la grande parentesi della concezione che l’artista ha di sé.
Mi chiamo Lorenzo Florissi, probabilmente meglio conosciuto come OSC.
Ora, nel 2020, ho 28 anni, un figlio di 2 anni e vivo a Formia, ma sono di Roma. Normalmente, ci lavoro anche, a Roma, ma ora siamo tutti in quarantena per via del Covid 19 quindi lavoro da casa.
Non ho intrapreso studi di disegno, ci ho provato una volta, alla scuola romana di fumetto, ho frequentato un paio di mesi e ho mollato (senza avvertire tra l’altro, se state leggendo, scusatemi).
Ho studiato le basi di Illustrator, Photoshop e After Effects allo IED e ora lavoro soprattutto come motion designer nel campo dell’advertising, principalmente in ambito televisivo.
Che musica ascolti mentre disegni? Consigliaci un pezzo.
Nonostante dedichi molto tempo della mia esistenza alle arti sonore (ho iniziato strimpellando il basso e mi sono ritrovato a spendere un patrimonio in sintetizzatori modulari), non mi é indispensabile ascoltare musica per disegnare. Anzi, mi son sorpreso varie volte ad ascoltare il silenzio, con le cuffie sulle orecchie ma senza musica. Credo di avere un limite di saturazione musicale di un paio d’ore. Comunque, in questo periodo mi piace ascoltare “La Femme d’Argent” degli Air oppure la colonna sonora di Utopia (di Christobal Tapia de Veer).
Quali sono il tuo materiale preferito su cui disegnare e il tuo strumento preferito con cui disegnare? Devo ammettere di non aver mai esplorato molto superfici e materiali su cui o con cui disegnare. Sono da foglio e penna qualsiasi. Mi piacciono i blocchetti senza righe che costano poco (così non devo preoccuparmi di sprecare carta buona), con la carta un po’ giallina che assorbe un po’ l’inchiostro. Stesso vale per il digitale (al momento lo strumento che utilizzo di più é l’iPad), uso sempre i pennelli di default, non ho voglia di perderci tempo. Potrei dire che “é il contenuto che conta” ma probabilmente sono solo pigro. C’è un solo strumento a cui mi sono molto affezionato negli anni: un pennarello Molotow opaco nerissimo.
Mentre prepari un progetto importante, tendi a parlarne con tutti o a chiuderti finchè non hai finito? Nella fase iniziale mi chiudo, devo essere lucido e non devo farmi influenzare troppo dall’esterno per poter concepire liberamente. Quando ho una struttura, una bozza, un concept o quello che é, capita spesso che chieda un parere esterno, in modo da avere la possibilità di guardare il lavoro con occhi “vergini”. Solitamente chiedo alla mia compagna o, quando mi capita di passare dai miei genitori chiedo a loro. Mi piace avere feedback da chi non é del mestiere, hanno una visione genuina e molto differente dalla mia.
Quanto cambia il tuo lavoro se è su commissione? Come lo sviluppi se è un processo creativo forzato? Cambia molto. Quando é su commissione devo interpretare il messaggio e le esigenze del cliente e tradurli in immagine. È un po’ come fare un compito, risolvere un’equazione, come se partissi con la consapevolezza che esiste una risposta “esatta”, bisogna solo fare i calcoli e trovarla. Quando disegno per me, invece, quasi non penso, non esiste una risposta né una domanda. Inseguo le mie visioni.
Ti piacciono i tuoi vecchi lavori? Ogni quanto vedi un salto di qualità? Alcune cose le guardo con imbarazzo magari, ma non rinnego nulla. Salto di qualità? Non so neanche se si possa parlare di qualità. Forse si riduce tutto a cosa mi piace in un certo momento e cosa riesco a fare in quel certo momento. Quando questi due “parametri” sono vicini sento di essere migliorato e quel che faccio mi soddisfa, quando sono lontani…smetto di disegnare. Un’oscillazione continua di autostima e creatività che accomuna molti artisti credo. Per un periodo lavorai con Dottor Pira, era estate e avevamo sempre la camicia hawaiana, ed è capitato più di una volta di parlare di questo argomento. Secondo Pira, questa oscillazione è qualcosa di inevitabile e anziché cercare di contrastarla, va accompagnata, accettata e compresa a tal punto da trarne vantaggio.
Quale è stato il tuo più grande flop inaspettato? E il tuo più grande successo?
Flop inaspettato. Mmmm. Mi viene in mente solo la mia tesi di laurea, io e la mia dolce metà avevamo scritto e disegnato una serie animata, Hopper, per la quale avevamo anche animato un teaser/pilota. In realtà, il progetto piacque ed era ben fatto, ma la mia scarsa capacità di esprimermi a parole e la ancor minore sicurezza nel parlare davanti a un pubblico hanno rovinato la presentazione. A peggiorare la situazione, tutto ciò accadeva in una stanza insonorizzata di 10 mq, con una trentina di persone, senza finestre, a luglio. E lo schermo della proiezione era tutto virato sul blu. Il più grande successo, ad oggi direi la sigla per il canale YouTube Space Valley.