jack sapienza intervista

Jack Sapienza: fare musica per altri è una questione di empatia

Definire la figura di Giacomo Sapienza, in arte Jack Sapienza, in poche righe è difficile e riduttivo: tra le ultime attività a cui si è dedicato trovano posto sia quella del produttore e dell’autore, sia quella dello sceneggiatore e del regista. I primi passi nel mondo dell’arte li muove in musica, in particolare nell’universo dell’elettronica, con il duo Drops to Zero, al quale lavora, al suo fianco, Daniele Giuggia. Nel corso degli anni collabora con diversi artisti, tra i quali possiamo ricordare i nomi di Shade, Dutch Nazari e Willie Peyote. È nel 2020, invece, che prova a mettersi nei panni del regista e del curatore, lavorando, insieme ad Andrea Dipa, al documentario Sampling World.

Da poco, tra i suoi lavori e interessi, vi è anche la collaborazione con TuneCore: Jack seleziona dieci brani distribuiti attraverso la piattaforma ogni due settimane. Attraverso questa selezione, il producer cura una recensione dei brani scelti e fornisce dei preziosi consigli agli artisti emergenti circa il loro percorso artistico e discografico.

Di fronte ad un bagaglio professionale tanto vasto, e ad una figura così eterogenea, noi di Futura1993 abbiamo deciso di approfondire meglio i progetti a cui ha lavorato e a cui sta lavorando, facendogli alcune domande! Leggi cosa ci ha raccontato.

I tuoi gusti musicali sono molto eterogenei. C’è un genere che trovi ti rappresenti particolarmente?

Nel nostro mondo di musica fortemente immaginata, tendo ad ascoltare gli artisti che più mi sembra si sforzino di essere inimmaginabili.

Raccontaci un po’ la tua carriera: quando hai capito che la musica sarebbe stata non solo una passione, ma anche il tuo lavoro?

Ho deciso che avrei provato a preservare la mia passione per la musica evitando di trasformarla in un lavoro. Bisogna prenderle sul serio le passioni, altrimenti finisci per dimenticare cosa ti emoziona. Perdi interesse nell’ascoltare quello che fanno gli altri. Smette di essere un terreno fertile di ispirazione, per diventare il carburante del tuo senso di inadeguatezza. Almeno per me funziona così.

Invece cosa ti ha portato a fare il passaggio da chitarrista a produttore, e come sei arrivato alla decisione di aprire un canale YouTube?

L’essermi reso conto di fare davvero schifo come chitarrista!

Mentre per quanto riguarda la componente video, nel mio mondo è una conseguenza quasi obbligata. Nella nostra struttura, l’RKH Studio, siamo a contatto con camere e luci ogni giorno. Senza contare che è un ottimo modo per obbligarsi a studiare e apprendere nuove tecniche di produzione da poter poi utilizzare nei brani.

Hai collaborato con più artisti: in cosa ti senti arricchito dopo ogni collaborazione?

C’è moltissima differenza tra fare musica per sé e fare musica per gli artisti con i quali collabori. All’inizio questa differenza non mi era chiara, tendevo ad avere sempre lo stesso approccio. Poi ho capito che il vero sforzo, quando lavori con qualcuno, è cercare di comprendere cos’ha davvero in testa quell’artista, quali sono i suoi riferimenti culturali, cosa vuole davvero comunicare. Fare musica per altri ha poco a che vedere con la musica e molto a che vedere con l’empatia.

Da dove nasce il tuo desiderio di aiutare gli artisti?

Dall’idea che se un artista va particolarmente bene io riesco a non morire di fame. Per ora ancora non ci sono riuscito.

Hai da poco inaugurato una seconda partnership con TuneCore. In che modo trovi ci sia affinità tra la mission del tuo canale e la loro?

Non credo che il mio canale abbia una vera e propria “mission”. Credo più che altro che quello che ci accomuna sia la passione per la musica e per la sua divulgazione.

In passato hai mischiato musica e psicoanalisi: quali altri sono i tuoi ambiti di interesse diversi dalla musica?

Ho moltissimi interessi. Tendenzialmente non esiste nessuna forma di cultura che non mi attragga irresistibilmente. Preferisco però non parlare troppo di quello che studio, per non cadere nell’errore di confondere gli interessi con le competenze. Tendiamo tutti a sovrastimare la nostra preparazione. Leggiamo un libro, guardiamo un documentario, in alcuni casi ci basta anche solo imbatterci in un post sui social media, per sentirci sufficientemente edotti su un argomento.

Hai curato il documentario Sampling World, insieme al regista Andrea Dipa. Ci vuoi raccontare qualcosa di più su questa esperienza? Come ti sei trovato in questi panni?

Nel 2019 io e Andrea Dipa abbiamo iniziato a girare il mondo. L’ambizioso obiettivo è provare a descrivere le città che visitiamo attraverso i suoni e le immagini rubate durante il viaggio. Sampling per me e Andrea Dipa è un progetto di vita. Siamo all’inizio di questo bel percorso. In ogni tappa ridefiniamo il linguaggio, sia visivo che sonoro.

Ultima domanda: a quali progetti stai lavorando per il futuro?

Sono immerso in un super progetto: ogni mattina mi sveglio alle 7 e cancello ogni ‘’ricordo’’ che Facebook mi mostra nell’apposita sezione dal 2009 ad oggi. Ho iniziato a luglio, mi restano circa 10/11 mesi di lavoro.

Chiara Grauso