Il cambiamento è (spesso) evoluzione

Erano attesi, richiesti, perfino agognati e finalmente sono arrivati. Dopo anni di attesa sono usciti alcuni tra gli album più aspettati e su cui c’era più hype. Parte degli ascoltatori e dei fan degli artisti in questione ne è rimasta soddisfatta, altri invece ne sono rimasti delusi, per le motivazioni più disparate. Nonostante infatti non si possa generalizzare e individuare un’unica critica che viene mossa agli autori di questi progetti, le lamentele spesso si riducono a questa “accusa”: «sei cambiato, non sei più quello di … (inserire nome del disco di esordio)». Ma il cambiamento non è quasi mai un difetto.

Non siamo più quelli di Mi Fist

L’ultimo album dei Club Dogo si chiama Non siamo più quelli di Mi Fist, e il titolo riprende la critica che spesso veniva fatto al golden trio del rap italiano: i tre rapper venivano accusati di aver cambiato il proprio stile e di non essere più originali, entusiasmanti, o semplicemente bravi rispetto agli inizi (Mi Fist è il loro disco d’esordio). Chi accusa un rapper – o un artista – di essere cambiato, lo fa perché non riconosce più nelle sue canzoni ciò che lo aveva fatto interessare alla sua musica. Quando infatti un ascoltatore si appassiona ad un artista, individua degli elementi ben definiti nei suoi brani ed eventualmente collega ad essi degli aspetti della propria vita: ad esempio una vacanza, una persona o un luogo in particolare. La musica di quell’artista entra così a pieno nella quotidianità dell’ascoltatore, che sente un legame con i brani e con l’autore stesso.

Il cambiamento è evoluzione

Può accadere però che il rapper in questione cambi il proprio stile, l’attitudine o addirittura il genere musicale di riferimento: quello che per alcuni può essere un semplice passaggio da un tipo di musica ad un altro, per altri (spesso per l’autore in primis) è una vera e propria evoluzione. Elemento essenziale delle varie espressioni artistiche è, secondo me, la spinta a spaziare e a sperimentare continuamente. Tale spinta è il motore che permette agli artisti di creare opere sempre nuove, almeno apparentemente. Il rap in questo non fa eccezione. I cambiamenti di stile e le evoluzioni che sono avvenute negli anni hanno portato il genere a crescere e ad ampliarsi: dal primo boombap degli anni ’80 si è arrivati alla trap di questo decennio e si arriverà a sottogeneri sempre nuovi e diversi. Questa evoluzione non sarebbe potuta accadere se gli artisti fossero rimasti fermi al loro stile originario e se avessero scelto di “non cambiare mai”.

Crescere con l’artista

È legittimo dunque che un ascoltatore smetta di seguire un artista perché non si sente più rappresentato dalla sua musica, e che continui ad ascoltare i brani di cui si era innamorato. È altrettanto legittimo, però, che un artista cambi il proprio stile e si evolva. Continuare a fare le stesse cose per anni o addirittura per decenni sarebbe sminuente per l’artista in primo luogo, ma sarebbe inutile anche per chi ascolta la sua musica. L’equilibrio perfetto si raggiunge quando ascoltatore e artista crescono assieme, in modo che entrambi si sentano rappresentati dal cambio e dalla crescita che viene poi messa in musica. A te è mai successo? Se sì, con quale artista?