Colla Zio e il nuovo singolo Solo La Notte: l’ambizione di creare una musica diversa

Colla come collettivo, Zio come intercalare. Due Andrea, due Tommaso e un Francesco formano
una delle nuove proposte più interessanti della sempre interessante Woodworm, label che ormai
negli anni ci ha abituati ad artisti poliedrici e di indubbio valore musicale; insieme a “tutti i nostri
amici, tutti quelli che abbiamo incontrato per strada e nelle piazze di Milano” i 5 ragazzi danno vita
ad una produzione liquida, un progetto che si basa su vibez non definite e che affondano le
proprie radici in terreni ricchi di caleidoscopiche influenze, cercando di portarle in studio per
creare un mix che sia solo loro. Rap, trap, pop, cantautorato: i riferimenti sono molteplici e il fatto che non ci sia un preciso profilo che possa definire la musica di Colla Zio rende il progetto dei 5 milanesi sfuggevole e al tempo stesso affascinante, carico di riferimenti sociali attuali miscelati con stilemi più classici e canonici. La calibratura delle varie componenti fatta dai ragazzi è notevole, pitturando una tela
sonora fatta di beat moderni, talvolta con disincantate analisi giovanili e talvolta con barre più
incazzate. La scrittura, fluida e semplice, viene coperta come già detto da sinuose produzioni che sanno
valorizzare le metafore e le situazioni cantate: in tal senso l’ultima loro uscita Solo La Notte si erge
a manifesto chiaro di come i ragazzi vogliono raccontare le loro storie, le loro situazioni, offrendo
all’ascoltatore un’atmosfera ebbra di sfocata intimità pronta però ad esplodere e a manifestarsi in
tutta la sua potenza. Abbiamo colto l’occasione proprio di quest’ultima uscita per fare quattro chiacchiere con i ragazzi.

Leggo sul sito della vostra etichetta Woodworm che Colla sta per collettivo e Zio sta per Milano:
voglio partire da qui, chiedendovi come e dove si è creato il vostro collettivo: che quartiere,
piazza, angolo di Milano siete?
È proprio vero, Colla sta per collettivo: siamo 5, ma attorno a noi si muovono moltissime persone,
da sempre. Tutti i nostri amici, tutti quelli che abbiamo incontrato per strada e nelle piazze di
Milano, ormai da anni. Tutti loro fanno parte della Colla, che è nata a Milano est, in Piazza Leo
principalmente, è quello il nostro ritrovo. “Zio” invece è l’intercalare che usiamo più spesso: lo
infiliamo ovunque, in qualsiasi conversazione, è un rafforzativo e, sì, è abbastanza identificativo.

Rimanendo sulla vostra etichetta: è indubbiamente una delle label più poliedriche e dotate di
talento la vostra, che amalgama generi musicali e approcci tra i più disparati, per citarne alcuni:
Motta, Fast Animals and Slow Kids, Zen Circus, La Rappresentante Di Lista, Rancore e tanti altri. Quanto è importante per crescere artisticamente fare parte di una famiglia del genere?
Far parte della “famiglia” Woodworm vuol dire avere al nostro fianco persone che altrimenti non
avremmo conosciuto. Finché rimani a fare musica nella tua cameretta, non te ne rendi conto.
L’apporto di una realtà del genere è fondamentale, ci permette di imparare un sacco e di iniziare a
pensare che la musica può essere un mestiere, anche il nostro mestiere. Siamo molto socratici,
sappiamo di non sapere, e proprio per questo attenti a cercare di captare il più possibile da quelli
che incontriamo sulla nostra strada. Non siamo mai contenti di quello che facciamo, chiediamo
sempre di più a noi stessi: quando smetti di pensare che devi imparare non puoi più fare l’artista. E
speriamo di incontrare presto tutti gli altri del roster, magari ad un concerto, sarà un’occasione
ulteriore per crescere.

E invece i vostri riferimenti o influenze musicali quali sono?
Da questo punto di vista siamo davvero cinque teste diverse, con cinque storie diverse che
confluiscono nell’entità Colla Zio: alcuni di noi ascoltano moltissimo rap e trap, altri ancora il
cantautorato italiano, tutti abbiamo sempre le orecchie tese a quello che succede nel mondo pop.
I due producer invece cercano di stare al passo anche su quell’aspetto. Tutte queste influenze
cerchiamo di portarle in studio per creare un mix che sia solo nostro.

Già solo ascoltando Sola La Notte e Gremolada, i vostri due ultimi pezzi, è chiara la liquidità della
vostra musica, la voglia di unire più sfere e stili insieme: che musica suonano e cantano i Colla Zio?
Liquidità è proprio la parola giusta, è difficile dire che musica facciamo. Speriamo un giorno, forse,
che ci sia una definizione per quello che suoniamo, ma forse è difficile che accada. Con tutta la
modestia del mondo, facciamo un tipo di musica diversa da tutti gli altri. Potresti metterla in molti
“contenitori” ma anche tenerla fuori da ciascuno di essi. E non ci precludiamo nulla: abbiamo
voglia di fare un pezzo country? Sarà un pezzo country dei Colla Zio. Facciamo tutto quello che ci
piace, potremmo anche fare un pezzo neomelodico, uno solo strumentale, un film… Chi lo sa.

Raccontate in maniera diretta la vostra quotidianità, uno specchio che si riempie dei colori della
vostra giovinezza: scrivete a più mani i vostri pezzi?
A volte sì. Ciascuno di noi ha i suoi problemi in testa e non è sempre facile trovare un “problema
comune”, ognuno ha la sua vita, abbiamo questa cosa in comune che ci fa andare avanti e alla fine
tutto torna: a volte arriva prima un beat, a volte le barre, a volte anche solo un ritornello, è lì che
succede la magia della Colla.

I tempi cambiano e con essi l’approccio con l’esistenza che le varie generazioni e frange sociali
intraprendono: quanto ha (o non ha) influenzato questo strano periodo sulla vostra musica e
sulla vostra creatività?
Inevitabilmente ha influenzato molto, anzi, ha influenzato quello che vediamo. E noi raccontiamo
quello che vediamo, quindi è stato consequenziale. In meglio o in peggio? Questo non lo
sappiamo, ma abbiamo sicuramente dei nuovi spunti di riflessione. È stato un momento
particolare: abbiamo firmato per un’etichetta proprio durante una pandemia globale, abbiamo
dovuto rivedere il nostro modo di lavorare, anche in maniera pratica, ma soprattutto assistere allo
sbaraglio in cui si stava dirigendo il mondo intero, mentre noi stessi eravamo allo sbaraglio. Ci
siamo posti delle nuove domande, che altrimenti non ci saremmo posti. Abbiamo nuove esigenze,
nuove storie da raccontare e nuove cose da urlare al mondo, che sentirete presto.

In Sola La Notte c’è un’intimità struggente e disincantata, ben avvolta da pattern melodici vellutati: come nasce questo pezzo e di cosa vuole parlare?
Sola la Notte nasce prima della pandemia, siamo lenti da far schifo e anche un po’ pigri, quindi
passiamo mesi e mesi a volerne parlare. L’abbiamo scritta in montagna, isolati, una sorta di ritiro
spirituale. Ed è in effetti un pezzo che parla di solitudine (che poi è sembrato quasi profetico). La
montagna è un posto che ci ispira molto, quando siamo lì si rivelano un sacco di metafore, un
sacco di paradigmi della vita dell’uomo, tra cui appunto la solitudine e il senso di inadeguatezza,
tipico nostro e di molti nostri coetanei, che ti tiene sveglio la notte e non ti fa dormire. Sia nel rapporto con sé stessi che con gli altri, nei rapporti di coppia, in quelli con gli amici. Sul finale – col
cambio di ritmo – c’è una specie di stupore, di gioia, nel constatare che alla fine è piacevole riuscire
anche solo a provare queste emozioni.

Trovo riuscitissima la crema musicale che nasce dall’incontro di melodie morbide, beat freschi e
barre decise: riprendendo il parallelismo con Milano, ascoltarvi mi riporta in zona Navigli e Corso
di Porta Ticinese, una zona dove il vecchio si incontra con il nuovo creando vibrazioni uniche.
Siete d’accordo? Con le vostre produzioni volete proporre un prodotto difficilmente
identificabile e in continua evoluzione?
Cerchiamo di unire tutti gli stimoli che ci arrivano e di rielaborarli in un modo unico, che sia solo
nostro. Non abbiamo grandi piani su quale sarà il nostro sound, cerchiamo di vivere le nostre cose
e provare a raccontarle: che sia con beat freschi e barre cattive o chitarrine, è così e sarà così, non
c’è molto pensiero o costruzioni. E sì, il paragone con la zona dei Navigli è azzeccato, noi siamo
socratici, come dicevamo prima: guardare quello che hanno fatto gli altri prima di te ti permette di
sviluppare il tuo lavoro in maniera più consapevole. Noi non siamo persone modeste, ma siamo
anche molto severi con noi stessi: abbiamo una pretesa verso la vita, verso il mondo, quella di
creare qualcosa che non ha mai fatto nessuno. È il sogno di ogni bambino: essere il primo. Gli
artisti non inventano niente, come diceva Bowie rubi qua e là e cerchi di riportarlo a modo tuo.
Funziona così anche per gli scienziati: non puoi fare quel lavoro ignorando che sia esistito Newton.
Ma quello che puoi fare è spingerti oltre.

 

Intervista di Alessandro Tarasco per Futura 1993