Zoorap: tecnica e contenuto si incontrano

Se hai fame di rap ascolta ZOORAP e rimarrai soddisfatto: tecnica, punchlines e stile sono solo alcuni degli elementi di un album uscito nei giorni scorsi che è denso di contenuti e, soprattutto, di rime. Otto rappers (Ari Selva, Buster Quito, Los Migol, Mr Cash, Pedro, Smezzo, Tiranno e Vigno) si alternano nelle quattordici tracce che compongono questo progetto, che riesce ad essere coerente ed omogeneo dall’inizio alla fine pur spaziando in vari stili musicali.

Il sound comune a tutti i brani è decisamente old school, sia nelle strumentali – che generalmente riprendono il boombap classico dell’hip hop – sia nell’attitudine degli artisti. Emerge infatti che la loro volontà è quella di far riferimento ad una corrente che ha fatto la storia e che ha visto in Bologna uno dei suoi centri nevralgici. Ad esempio Buster Quito e Los Migol in “U Know” cantano “Old school come la Genesi, come i cd dei Genesis, come i cocktail di Marilyn, come il 2013“. Inoltre i testi sono farciti di incastri, giochi di parole e punchlines che divertono ed entusiasmano: questo dimostra l’ottima tecnica che hanno tutti i rapper che hanno partecipato a questo progetto. Tra gli esempi che potrei riportare cito Vigno nella posse track “Posse Trap”: “Ogni colpo ti confondo / tecnica dell’ubriaco vagabondo / dal fondo più nauseabondo / questo culto prenderà tutto, capo / non manca molto”.

Spesso il difetto degli artisti molto tecnici sta nel fatto che compongono canzoni molto articolate da un punto di vista di metrica e di incastro ma vuote (o quasi) per quanto riguarda i contenuti. Non è questo il caso. I ragazzi infatti mettono nelle strofe tutta la loro fotta e la passione per il rap: sentendole, infatti, si capisce anche ad un primo ascolto che non fanno musica per convenienza o per seguire le mode, ma per amore e per bisogno. Amore verso questa cultura e bisogno di esternare i propri sentimenti e le proprie emozioni. Nel brano “Fuck Gold”, Buster Quito si racconta: “Il rap mi ha cambiato […] senza sarei un tossico di merda […] dal giorno della prima battle, una serata come le altre / da quel momento ho capito che il mio desiderio era mettere a tempo le barre / esternare i miei demoni, aprire il mio cuore per gli altri”. Tiranno addirittura esprime il suo bisogno di fare musica con il verso “fare rap non è obbligatorio, è tassativo” nel brano “Underground Trooperz.

Questi sono solo alcune parti in cui emerge l’esigenza dei rappers che si alternano al microfono di raccontare il proprio mondo interiore e di farlo con lo stile giusto. Inoltre il rap (e la musica in generale) è spesso una vera e propria ragione di vita, oltre che uno dei tanti obiettivi che una persona può porsi nella sua vita: a questo proposito la strofa di Ari Selva in “Mosche bianche” contiene il verso “Che ci faccio con sta laurea chiedo a mio padre / mi risponde: comincia una vita normale / frega un cazzo di sposarmi e morire di infarto / sto aspettando di salire su un palco”.

Le parole scritte sul foglio (o più probabilmente sul cellulare) e sputate al microfono sono state supportate dalle ottime produzioni che hanno creato il sound perfetto per versi e strofe diversi tra di loro ma che trovano una propria coerenza. Filo conduttore di tutte le tracce è infatti lo Zoo e gli animali che lo popolano, che pur essendo tra di loro diversi si trovano a condividere lo stesso destino: chissà che non lo abbiano scelto per rappresentare loro stessi. Ragazzi con vissuti differenti alle spalle ma che si fanno forza e si aiutano l’un con l’altro per raggiungere obiettivi comuni, come hanno fatto con questo disco.