Rancore: Cronosurfista dello Xenoverso

15 Aprile 2022 – ore 00:00 – Il cronosurfista Rancore alias Tarek Iurcich è sbarcato dalla sua nave 507, grazie alla quale ha potuto viaggiare in Xenoverso. Ha documentato i suoi viaggi: storie oltre la realtà, oltre il sogno… E’ stato un lungo viaggio e sarebbe troppo lungo raccontare tutto quello che ha visto e descritto. Riporto qui sotto alcuni miei brevi pensieri al riguardo.

Sì, gli universi sono più di uno e tra loro esiste una connessione che lega un’infinita molteplicità di forme, energie e vite. La loro estensione è inimmaginabile, come per un marinaio che tenti di raggiungere la fine del orizzonte con lo sguardo.
Lo Xenoverso è tutto ciò che, oltre la nostra limitata concezione di tempo e spazio, accoglie l’inspiegabile, il multiforme. E questo è vero perché ce lo testimoniano i suoi racconti e quelli di tanti altri Cronosurfisti: cioè coloro che viaggiano attraverso gli universi, nel tempo e nello spazio.
In un’ambientazione così complessa, Tarek narra storie quotidiane di rivolta, di guerra, di amore e di dolore. Rancore stende in rime e parole il diario di bordo dei suoi viaggi numerosi in Xenoverso. E’ andato in lungo e in largo attraverso due, tre e più dimensioni dello spazio e del tempo, portando messaggi.
E di fronte a questa infinita possibilità di vita il centro sarebbe l’uomo?

Il lato oscuro dell’universo

Si annida nel profondo ed esonda in superficie, anche dalla più piccola crepa, assorbendo tutta la luce rimasta: è il lato oscuro di ogni universo. La luce è insieme la rivelazione, prima fugace e poi nitida, e la difesa, da qualcosa di misterioso e incontrollabile che può possederci. Più la luce si intensifica più appare innegabile che nessuno può staccarsi dalla propria ombra.
Così si chiama il primo pezzo dell’album: “Ombra”. Sarà un caso? E’ un titolo che richiama il senso lugubre e sinistro dell’altra faccia della medaglia, del lato oscuro delle cose e delle persone. L’ombra che Tarek percepisce è quella da cui non riesce a distaccarsi; da cui forse non vuole…  Ma allargando lo sguardo c’è l’ombra degli altri: un nuovo angoscioso sguardo che possiamo dare sul buio universale.
Quindi tutto è duplice? Tutti sono inaffidabili? Siamo nati per essere vinti dal male?
Ok, pausa.
Forse tutto sta in piedi proprio per questo: essere in relazione non solo con la luce degli altri, ma anche con la loro ombra. Una sorta di danza cosmica degli atomi e delle onde che compongono la materia, di cui assecondiamo i ritmi quando sono più allegri e quando sono più tristi.
“Ombra” è il primo capitolo del racconto di un’analisi duplice: prima in tre dimensioni Tarek osserva quella sagoma scura e bislunga e subito dopo è lei stessa che si impossessa della sua voce, svelando le contraddizioni di chi crede di essere dalla parte giusta.

“Non mi piace come mi hai descritto
Io vedo che la mia presenza non ti consola
Io disegno male, ma ti piace come ti ho dipinto
Perché se vedo me e dopo vedo te vedo una cosa sola” – Ombra 

“Se io non sono io, poiché nascondo un’oscurità incomprensibile, chi sono?”.
Facendo un salto temporale, e se vogliamo musicale, ci si ritrova dentro l’ultima traccia “Io non sono io” che apre solo con il titolo una serie di macroargomenti non esauribili in poche parole. Questa canzone è il terreno fertile per parlare di questo: la ricerca di un proprio equilibrio, che sia lucido e chiaro, prevede che si debba esiliare una parte di sé stessi? Sarebbe più semplice nascondere sotto il letto il proprio mostro, relegarlo in mezzo alla polvere e ai giocattoli vecchi? Credo che in prima battuta, potremmo tutti dire di sì.
Ma come fare a tagliare fuori una parte di sé? Tarek dice che di aver cercato una stanza dentro l’anima per rinchiudere dentro l’impostore ripetendosi un mantra ossessivo “mi hanno sostituito”. Come se volesse autoconvincersi di poter liquidare il suo mostro, prima che questo lo possieda interamente. Inquietante. Ma familiare decisamente: quella sensazione di vivere a tratti lucidamente e a tratti fuori controllo…
Il vero pericolo è ignorare la cosa, di limitare sé stessi dando risposte semplici a domande complicate. Ma come può centrare tutto lo Xenoverso in questo discorso?

” Avere qualcosa da raccontare e non un motivo che sia fine a sé stesso, ma un motivo che vada oltre te stesso. E’ un po’ quella la mia luce. La musica che porto cerca di non limitarsi nella complessità” – Io non sono io

Vedere nell’universo un confine circoscritto entro cui muoversi, circoscrive a sua volta la prospettiva con cui si affronta sé stessi. Di conseguenza non possiamo banalizzare la ricerca: “limitare la complessità” è il modo vero per ridurre le domande a parole vuote. Perciò nell’affrontare il proprio lato oscuro nulla può essere relegato, né ignorato con leggerezza. Allo stesso modo pensare l’Esistenza con il solo nome di Universo è come guardare tutto attraverso i paraocchi.
Trovare un motivo, uno scopo serve a dirigere i propri sforzi nella comprensione di sé stessi verso altri Universi. Rancore ha i suoi strumenti: la musica e la scrittura. Cercare la via della propria ricerca è parte stessa del percorso e può cambiare; ma fa parte dell’interazione cosmica tra le particelle: balliamo la danza universale esprimendo ogni lato della nostra essenza.

“Tra le mani ho questo bene, questo male 
E ancora capita che mi confondo” – Questa cosa che io ho scritto mi piace

Quale sarà l’epilogo nessuno può saperlo, ma trovo che la gratitudine per il presente sia il miglior modo di fare una sosta e riprendere fiato. Aiuta a fare i conti “con il mondo di merda che sta intorno” e a trovare in esso anche l’altra sua faccia: quella positiva e luminosa. Uno degli appunti di viaggio che preferisco di questo diario è  “Questa cosa che io ho scritto mi piace”. E’ una traccia che superficialmente appare un traguardo facile da raccontare, ma nasconde un equilibrio sopra un filo sottile.
Se raccontare la pace è difficile per lo stesso Tarek lo è anche per me, che sto cercando di guidare i miei pensieri nella lettura di questi appunti.
Credo che ancora una volta la risposta stia nella ricerca della complessità. Comprendere che il tramonto abbia due nature, che oltre ciò che colpisce i sensi in modo negativo ci sia anche un mondo diverso di sensazioni, è un approfondimento della prospettiva, che ogni aspetto della vita rivela che due anime vivono in esso. Non credo che l’obiettivo sia quello di separarle, ma quello di comprendere dove stia il loro punto di incontro. Sarà solo una parte del tutto, ma un passo decisivo della ricerca.

Non è la fine, ma la pace di un solo giorno può giustificare tutta la fatica fatta per comprendere il lato oscuro dell’universo.

“Respirare mi sembrava quasi una tortura
Sono certo che in futuro poi ritornerà 
Ma adesso voglio respirare l’aria che profuma 
E provare a raccontare la felicità” – Questa cosa che io ho scritto mi piace

Le lettere di 507

Quali lettere dobbiamo portare adesso? – Cronosurfisti (skit)

Uno dei filoni del racconto di questo diario è quello dei viaggi dei Cronosurfisti che hanno il compito di portare messaggi attraverso lo Xenoverso, lontano nello spazio e nel tempo. E’ 507 la nave che permette queste comunicazioni straordinarie tanto che il messaggero deve solo consegnare la lettera al destinatario e poi sarà la stessa nave a diffonderla a tutti.
Sono tre le lettere che Tarek ha consegnato e poi trascritto nel suo diario per raccontare la guerra dei mondi.

“Questa qui è la grande guerra, è immensa
Dove dire sì, dire no, è marginale
[…]
E’ la vostra grande guerra, la terza
Abbandonerete ogni morale mortale” – Lontano 2036

E’ scoppiata la guerra nell’Universo. Prima era un piccolo tumulto, poi è cresciuto ed è diventato la causa di tante sofferenze come quelle di un giovane separato dall’amata e di un padre dai figli.
La prima lettera racconta della partenza di un soldato costretto a combattere per una guerra inutile. Lui, strumento di una macchina vorace che si nutre delle vite che sparge sul campo di battaglia incurante di ognuna di esse. E poi c’è Lei, la sua amata: vittima inconsapevole del furto peggiore che si possa fare ad una persona.
Come in un sospiro il soldato evoca l’immagine della donna che ama e usa le poche forze che gli rimangono per scriverle un messaggio; non sa nemmeno se lo leggerà. Il ricordo di lei fa bruciare tutti i suoi sensi, come se riuscisse a toccarla, ma la realtà è sempre la disillusione più forte. Quei momenti in cui si aggrappa ai ricordi riescono a dare senso a quello che rimane della sua vita, perché l’unica speranza è quella di riuscire a fare ritorno.
La missione di Tarek è quella di consegnare questo messaggio di dolore e speranza, ma non può soffermarsi troppo, non può stringersi alla sofferenza di lui, alla nostalgia di lei. Il mondo è ormai dominato dalla comunicazione e non c’è tempo per commuoversi.

E intanto aleggia un presagio di distruzione nell’aria, ma è una sensazione fugace…

“Ogni bomba era una stella cadente
Mentre presero giovani, come adulti e anziani
A nomi e cognomi secondo le iniziali
Furono mandati in orbita,
Ma nel ruolo di spazzini spaziali” – X Agosto 2048

La seconda lettera è un altro straziante capitolo della guerra di Universo. E’ il racconto delle conseguenze distruttive della guerra anche una volta finita. Le scorie del conflitto sono libere nello spazio, ma spesso precipitano sui superstiti del pianeta Terra, già dilaniato dalle battaglie. Così dalla Terra sono stati mandati dei netturbini spaziali che vadano a recuperare questi rifiuti. Di nuovo il telaio del potere senza rimorso toglie alle persone tutto ciò che hanno. Tra tutte le persone partite c’è anche il mittente della seconda lettera: è un padre, uno dei netturbini spaziali che ad un anno dalla partenza manda una lettera al figlio. Sente la mancanza della sua famiglia, mentre con le sue mani raccoglie stelle cadenti tossiche.
La lettera comincia con il racconto del distacco: il bambino che fa i compiti e il padre che lo abbandona, probabilmente con false promesse, ma il piccolo guarda il padre e in modo ossessivo gli ripete una poesia “X agosto”: la poesia pascoliana che racconta l’assassinio del padre nella notte di San Lorenzo. Le lacrime sgorgano a fiumi sui volti, ma il padre deve partire. Se ne va. Rimane un solo appiglio ad entrambi: quei versi così angoscianti che però hanno stretto un legame indissolubile tra padre e figlio. La potenza evocativa di “X agosto 2048” è concentrata nella terza strofa dove Rancore stesso recita la poesia, pressoché identica all’originale. Quelle immagini ispirate alla quotidianità, alla natura tentano di addolcire la separazione eterna della morte.
Le stelle cadenti, un fenomeno celeste così affascinante, sono la metafora di un padre che tenta di proteggere il figlio dalla crudeltà del Potere, che spaccia come fine superiore il possesso della vita delle persone. E come un baleno nel cielo il ricordo del figlio attraversa nell’ultimo istante il cielo della memoria di un padre. Tarek fissa questo esatto momento immobile nel tempo come un stupefacente spettacolo di dolore. Le lacrime sgorgano e scendono lungo i visi del padre e del figlio come se i loro sguardi si incrociassero nonostante la distanza.

“Anno 2100, un mondo ormai spento di persone connesse
Un ragno, una tarantola nera che tesse
Fili di strane frequenze intorno a quelle umane coscienze
creando delle galere di Hertz” – Arakno 2100 

L’ultima lettera che Tarek ci ha lasciato è la storia di Arakno.
E’ un intreccio subdolo quello della ragnatela: i suoi fili invisibili e appiccicosi imbrigliano lentamente chi vi si inoltra. All’inizio è solo un fastidio che non impedisce i movimenti, ma più ci si addentra più la maglia si fa stretta così da bloccare la preda, finché essa stessa non si arrende all’idea di essere stata presa.
Rancore rappresenta il mondo interconnesso da onde elettromagnetiche come una gigantesca ragnatela dai fili d’oro costruita dal Ragno del Potere: luccica meravigliosamente, ma nel suo lato oscuro nasconde la trappola. La trappola di un consumo sfrenato e della disconnessione dalla realtà nascosta dietro la chimera del “legame universale”, che si può instaurare in rete. Si può comunicare con tutti, ma solo se gli interlocutori sono invischiati in quei fili lucenti.
E come un fulmine in un cielo buio e imperscrutabile è la nascita di Araknoboy. Il primo prototipo Anarco-droid: colui che guiderà la rivoluzione. Costruito con materiali di scarto dai mutoid, rappresenta sia l’insurrezione degli emarginati – come i materiali di scarto di cui è fatto – sia l’anarchia – “arakno” è anagramma di “anarko”. E’ stato costruito dai mutoid; amato dai suoi creatori, non per essere sfruttato, non per produrre.

“Arakno, quattro circuiti motori
Più quattro motori ed un cuore nel network
Un segreto perfetto fatto dai quattro mutoid e da un gruppo di programmatori
Una rete precisa dal centro: contro il Grande Telaio che è fuori” – Arakno 2100

Lui conosce il segreto del Ragno, dell’aracnide subdolo simbolo del Potere, e sa che per aprire una breccia nella sua rete sarà necessario unirne in una nuova tutti i ribelli, tutti coloro che combatteranno la servitù al modello automatizzato del Grande Telaio, che vuole un mondo come quello di una catena di produzione in serie. Per questo Araknoboy è così fuori dagli schemi: perché il progetto che sta dietro la sua vita non ha le istruzioni, perché la sua nascita è libera da secondi fini, è libero di essere nulla di più che un mucchio di rottami. La sua unicità e l’amore ricevuto saranno le più grandi qualità per fare la Rivoluzione.
Il Grande Telaio ha avvolto e stretto nelle sue grinfie tutto il mondo in ogni sua nicchia, perciò sia l’informazione che il lavoro, la vita privata, la musica, le droghe… Tutto è concepito per raccogliere informazioni, fornire dati, vendere, accumulare, produrre…  La rinascita degli scarti, di chi è rifiutato da tutto e tutti, è forse quella lama che può fendere la rete del Grande Telaio.
Il nuovo “luddismo” riprende la distruzione dei telai operata nell’800, macchine industriali per definizione, contro lo sfruttamento e il consumismo industriale, ma anche la ribellione contro il Potere centrale alienante. La rivoluzione parte dal basso per essere fonte di un nuovo ordine sociale che sovverta i disequilibri economici e produttivi del Grande Telaio. Ma non solo: cambierà persino il senso di rotazione della Terra. Sarà uno sconvolgimento planetario.

“Quella notte tutti sentirono che anche la Terra cambiò rotazione
Ma andava oltre quella, guardava quel Sole
Sentiva diversa la Rivoluzione” – Arakno 2100

Questo album è una grande dimostrazione di stile e metriche levigate da un “lavoro di lima” che rifinisce ogni dettaglio. I beats hanno atmosfere che vanno dalla techno ai mondi fantastici e fantascientifici di creature “xenoversali” tra cui Rancore sfila come muto osservatore, messaggero della connessione stretta tra i mondi. Questo album è costellato di autocitazioni e riferimenti tra una canzone e le altre – ad esempio “Arakno 2100” e “Eden” oppure “Ombra” e “Io non sono io”.
Ho approfondito l’analisi di alcune delle tracce cercando di toccare i macro-temi che legano le legano a tutte le altre: il bipolarismo cosmico; la lotta all’omologazione, all’alienazione; la fantasia che sconfigge l’antropocentrismo.
Ancora una volta Tarek è rimasto sé stesso, seguendo ovviamente il suo percorso e affinando sempre di più la sua penna. Sono molto contento della collaborazione con Nayt: “Guardie&Ladri” una bellissima narrazione dello spaccio, ma non solo: una metafora profonda che avvicina un gioco per bambini alla vita vissuta. Una narrazione molto più accattivante rispetto a quelle costruite di molti altri rapper. Lo spaccio fa parte del controllo, nascosto sotto la veste della battaglia, che il Potere amministra tra debiti, sostanze illegali e pericolose, collaborazione con la criminalità organizzata.

“Perso, io mi sento perso
Vivo nel continuo dubbio di uno Xenoverso
Ma non posso dirti dove è
Né come è, né cosa c’è, né cosa penso
Né che cosa sia lo Xenoverso” – Xenoverso