michael sorriso l'incendio

L’Incendio divampa tra le barre di Michael Sorriso

Il mondo viaggia veloce. Il tempo viaggia veloce. La musica viaggia veloce.
Ora è il momento di fermarsi un attimo per parlare di un’uscita veramente interessante che risale a troppo tempo fa, per i tempi della discografia odierna. Sto parlando dell’ultimo disco di Michael Sorriso aka Lince, alias Michael Lorenzelli, classe ’90, torinese. Il disco si chiama “L’Incendio” ed è uscito il 27 maggio del 2022. Undici tracce e nessun featuring per un album fuori dai cliché del rap mainstream.

L’incendio viene appiccato con la prima traccia del disco, che già di per sé ha un titolo eloquente: Molotov, che con dei bassi potentissimi scoppia come una bomba dentro le cuffie e scalda l’atmosfera già dalle prime rime. La voce e il flow fanno il loro ingresso trionfale con questo banger aggressivo e già emergono come suoi punti di forza. La bomba è scoppiata. Non si torna più indietro, da qui in poi le barre si intrecciano e vorticano tra beats elettronici ma anche melodici, tra un po’ di sana critica sociale e introspezione. Le chitarre elettriche si sovrappongono sul finale di Molotov per poi aprire un’altra canzone che sputa sentenze senza pietà contro tutto e tutti. Letteralmente contro l’umanità.
Non a caso la traccia si chiama ” TUTTI PAZZI” e punta un riflettore sull’arrivismo, sull’avidità imperanti a tutti i livelli. Tutti bramano “la grana” che compra i piaceri, toglie le voglie (momentaneamente) e crea le ossessioni. Le marche sono un’ossessione e rappresentano il fine e il mezzo di ogni processo, ma in questo pantano generale, forse può emergere la qualità, anche perché “un coglione rimane un coglione anche con un milione in banca”. Questo è un bel colpo diretto alla realtà, ma non è uno slancio moralistico, solo uno sguardo sullo status quo.
Sebbene il denaro non sia una necessità naturale nell’uomo, da secoli ormai la società ha fatto di esso una parte essenziale della vita di ognuno. Michael rappresenta questa deriva sociale in “GRANDI PRIMATI” andando anche a criticare il buonismo che vuole sublimare le pulsioni, ormai connesse strettamente al denaro, in qualcosa di moralmente più alto. Alla fine siamo schiavi dei nostri bisogni, dei nostri propositi individuali.

“Siamo avidi e infami mi sa che già si sa
Esseri umani: siamo l’umanità
Non ho grandi programmi per domani, ti va
Se facciamo un piano e ribaltiamo ‘sta società” – TUTTI PAZZI

Questa società, che andrebbe ribaltata come un calzino, è già sull’orlo del tracollo e la fine del mondo si trova già su tutti gli schermi. “E se un giorno arriverà il mare qua” potremmo rimanere a guardarlo, mentre ci sommerge insieme a tutto quello che abbiamo costruito e che ora è fuori dal nostro controllo. La terza traccia del disco infatti si chiama “maremoto” e tra i tanti temi tocca quello delle catastrofi naturali che minacciano di spazzare via la nostra società occidentale in un baleno. Tutto il mondo ormai sente parlare di questi disastri sempre più frequenti, ma ancora si ostina a giustificare l’espansione incontrollata delle attività umane, mentre la povertà avanza e con essa anche abusi di ogni genere. Le onde del mare in avvicinamento vengono ricreate da una chitarra malinconica che suona il requiem al funerale della nostra società suicida. Con un piccolo salto in avanti nella tracklist, ritroviamo tematiche come l’informazione, il tracollo ambientale anche in “ALBERICO” che gioca sul nome proprio Alberico e sulla parola “alberi”. Il link con maremoto è subito creato, ma le barre sono da un lato più sardoniche dall’altro più rassegnate: mentre in “maremoto” la fine dell’umanità sembra ancora ipotetica – sembra esserci una via di scampo- qui la sua sorte è segnata non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sociale.
Poi, accompagnata dal suono di un flauto, arriva “OPPA LOPPA” dove Michael rappa una sola strofa che mischia esercizio di stile e disprezzo nei confronti dei ricchi che fanno la bella vita alle spalle di masse lavoratrici, le quali vengono portate sempre più verso l’autodistruzione e l’individualismo.

“Dio dammi la calma non darmi la forza
Già questa testa è un’arma e spara dalla bocca
La politica dell’odio: tutti contro tutti
Fino a che ci ammazzeremo: Hutu contro Tutsi” – OPPA LOPPA

Insieme alla crisi climatica dobbiamo fare i conti con il bombardamento di informazioni che dall’alto e soprattutto dagli emittenti televisivi ci piomba addosso in tante forme che passano anche per l’utilizzo massivo dei social. L’aspetto che più emerge sia nelle tracce sopracitate che in altre è la capacità disgregante che i media hanno sulla popolazione globalizzata: proprio quando è inevitabilmente necessario fare squadra ci si divide in campanilismi e autoconservazione. Tutto questo ha cause storiche, ma certamente è congeniale alla conservazione dei privilegi di chi questi sistemi di comunicazione li controlla.

Ci sono anche momenti più introspettivi che conservano l’ironia di fondo del disco, ma che hanno anche atmosfere più tristi e malinconiche. “PIANOFORTI” è una canzone che guarda alle relazioni finite come qualcosa di cui ci si può dimenticare, o meglio scordare, come si scordano i pianoforti, che una volta riaccordati tornano a suonare la giusta musica. La vita è troppo veloce per tornare sui propri passi e a volte è così veloce da non lasciare nemmeno tracce di sé, come se provocasse delle amnesie verso specifici periodi della vita.
Vuole dire essere superficiali nei confronti dei nostri rapporti con gli altri? Forse. Ma ancora una volta non bisogna guardare le cose da una sola prospettiva poiché da una parte sta la protezione che il nostro cervello attiva contro i traumi, dall’altra la rapidità delle nostre vite che rende effimeri i ricordi e i momenti – con le dovute eccezioni naturalmente.

“Tanto ci si scorda siamo forti
Tanto ci si scorda pianoforti
Nuova memoria, nuovi ricordi” – PIANOFORTI

Questa voleva essere una panoramica su alcuni degli approcci con cui si può approcciare questo album.

Una menzione a sé stante va a “OMAR”. Quante canzoni conoscete che parlino della tratta degli schiavi? Ebbene sì, questo è uno storytelling incredibile che parla di un certo Omar che viene catturato dai mercanti di esseri umani. La crudeltà di questo commercio durato secoli gronda insieme al sangue di tutti i morti e brucia come le case e le terre delle colonie, in questo caso della costa dell’oro, cioè il Ghana. I coloni si presentano armati di fucili, crocifissi e civilizzazione radendo al suolo la terra natia di Omar e sterminando la sua famiglia.
Imbarcato nella stiva di una nave insieme a tanti compagni Omar sente ormai vicina la fine: è senza casa, senza libertà e senza famiglia. La rabbia e la disperazione sono il motore della ribellione e trovata la polvere da sparo fa scoppiare la nave. La terra natia è lontana e Omar la chiama a squarciagola negli ultimi istanti di vita, proprio mentre tutto esplode, il suo ricordo corre là dove ha lasciato tutto quello che amava.

“Niente può mancarti come manca casa
E tu non sai nemmeno quanto sia lontana
O’ mia cara! Omar parlerà di te” – OMAR

Tremendamente storica e attuale questa canzone è la traccia più potente del disco, ma è solo una delle lingue di fuoco che si innescano da una piccola fiamma che cresce e cresce e divora tutto il mondo ridendogli in faccia.