L’Arcadia post apocalittica di Big Questions

È uscita da meno di un anno per Eris edizioni Big Questions, la monumentale graphic novel di Anders Nilsen.

Oltre 600 pagine di fumetto danno vita ad un’opera complessa e stratificata che rappresenta le grandi domande filosofiche dell’essere umano dentro una cornice che suggerisce una sorta di Arcadia post apocalittica. All’interno di questo scenario spoglio e illimitato si muove una piccola comunità di uccellini inizialmente presentati a trascorrere le giornate beccando piccole briciole in terra e al tempo stesso ponendosi interrogativi tutt’altro che banali, spaziando dal libero arbitrio al senso ultimo della vita sulla terra.

Questo stile letteralmente viene drammatizzato ulteriormente con la caduta di una bomba sganciata da un aereo militare guidato da un pilota narcolettico che termina il folle volo (che dell’Ulisse dantesco non ha nulla) su una fattoria abitata da un’anziana signora che accudisce il nipote sordomuto e affetto da un grave ritardo mentale. L’apparizione della bomba che dagli uccelli viene scambiata come messianica (sì, viene scambiata per un grande uovo!), in quanto piovuta letteralmente dal cielo, scatena le fantasie della piccola comunità. Infatti, presto gli uccellini si dividono tra chi interpreta il grande uovo bomba come un segnale divino e gli scettici che rifiutano questa interpretazione fideistica in nome di un approccio più razionale. A complicare ulteriormente le cose, aggiungendo un’ulteriore complessità narrativa, c’è anche il ritrovamento dell’aereo, anch’esso preso per un dono divino: il grande uccello madre, dalla cui pancia esce il pilota narcolettico accolto come una divinità redentrice.

Da questo abbozzo di trama si può subito notare come il testo si faccia via via più stratificato e di come questo gioco di accumulo dia spazio a un rinnovamento, inaspettato e ironico, del classico racconto filosofico nato nel lontano ‘700.

big questions anders nilsen

La cosa sorprendente è che questa cattedrale del racconto per immagini non è stata concepita con un disegno già prestabilito, ma si è andata costruendo per accumulo lungo un percorso che ha impiegato circa quindici anni per vedere la luce. Infatti, Nielsen ha iniziato ad abbozzare le prime tavole, che poi sono quelle iniziali dell’opera, come puro passatempo, mentre frequentava un corso di disegno. Il progetto si è poi evoluto in maniera sempre più imprevedibile. Così si è passati dal progettare un piccolo volume da regalare alla sorella piccola, fino al testo che possiamo ora leggere.

Nel frattempo, l’autore è cresciuto esponenzialmente, affermandosi all’inizio del secolo come una delle matite più significative dell’ambiente del fumetto underground statunitense. In questo percorso possiamo dire che Big Questions rappresenta il suo capolavoro, il punto di approdo di una ricerca stilistica e poetica che evolve le possibilità della graphic novel di ritagliarsi uno spazio come opera d’arte a tutto tondo.

A riprova di questa crescita basta osservare lo stile grafico di Big Questions. Dalla fissità di inquadratura delle prime immagini, in cui il disegno è solo abbozzato con un tratto rapido e quasi infantile, si passa alla raffinata evocazione delle cornici che hanno un volere estetico a parte, fino ai raffinati movimenti delle ultime tavole, in cui il gusto dell’inquadratura si fa più complesso, alternando campi lunghi a dettagli ravvicinati.

La narrazione procede lenta, con lunghi momenti di silenzio contemplativi, con le parole che non sono solo mezzo per raccordare la trama ma assumono un senso profondo e indipendente. Come interrogazioni di senso che rimandano alla ricerca di pensatori ed artisti come Franz Kafka e soprattutto Samuel Beckett.