Intervista a Rask: writing e mentalità

Rask, writer con alle spalle quindici anni di esperienza, ci parla dei suoi inizi, dei suoi ricordi e dei valori che i graffiti gli hanno trasmesso.

Ciao Rask, apriamo questa chiacchierata parlando dei tuoi primi passi.
Quando e in che modo ti sei approcciato per la prima volta ai graffiti, e che cosa ti ha spinto a non mollare mai per tutti questi anni?
Ero ancora un ragazzino quando sono rimasto impressionato da quelle “scritte” che vedevo nella mia stazione, Bellavista, e sono state proprio queste che mi hanno spinto ad iniziare nel 2005.
Da lì, tra una tag e un’altra, nei cerchi in piazza, e grazie ai body rock nella sede TCK, ho iniziato a conoscere altre teste calde in giro, con la mia stessa fotta per i graffiti e la passione per l’hip hop.
A farmi rimanere legato al writing per tutti questi anni, oggi più di prima, sono state l’euforia e le vibrazioni positive dovute alle esperienze belle, come le pittate con gli amici, ma anche a quelle brutte, che mi sono servite da lezione.

C’è una storia o un significato dietro la tua tag? Fai parte di una Crew?
Ho scelto queste quattro lettere perché nella mia lingua madre significano “sputare”.
Questo tag esprimeva a pieno il mio dissenso di allora rispetto alla realtà che mi circondava.
Sono rimasto sempre fedele alla mia firma, che un po’ rappresenta il mio senso di appartenenza. La mia crew è la DGS nata nel 2006 da un’amicizia profonda che ben presto si è trasformata in fratellanza indissolubile.

Parliamo di passato e presente, com’era il writing quando hai iniziato?
Quando ho iniziato io, vivevo il writing come sana competizione tra me e i writers delle città limitrofe, cercando di rappresentare la propria zona insieme ai compagni di crew.
Non esisteva la condivisione sui social, ma solo le jam, i binari e la strada.
Questo ti portava a ricercare i graffiti in modo diverso da oggi, ad esempio scendendo in banchina per vedere quello che era successo la notte prima.
Oggi parla una foto, ma l’essenza è altrove.

Oggi non sempre il writing segue di pari passo l’hip hop, quale è stata la tua esperienza con questa cultura?
Seppur oggi il writing può non seguire l’hip hop di pari passo, i graffiti restano comunque una disciplina fondamentale di questa cultura, perciò ritengo giusta la distinzione tra questi e la streetart.
Fortunatamente ho vissuto gli anni d’oro dell’hip hop Partenopeo, dove un cinque e un cazzotto valevano più di cento likes.
Ricordo con piacere le jam, i bomboloni e le partite infinite a biliardino nella sede TCK.

Il writing può educare? A te ha trasmesso qualche valore o ha influito sulla formazione della tua persona?
Si, il writing può insegnare valori e principi che difficilmente si imparano sui libri di scuola, primo fra tutti il rispetto per sé stessi e per gli altri.