temple factory it's time intervista recensione

I Temple Factory ci raccontano il loro nuovo album – Talk

I TEMPLE FACTORY sono una rock band con base a Brescia. Hanno appena pubblicato un
interessante album di debutto, intitolato “It’s time”. Primo disco, ma non sono ragazzini: alle spalle
hanno anni di militanza in formazioni punk e hardcore. Abbiamo fatto una chiacchierata con loro.

1) Chi sono i Temple Factory e perchè una fabbrica può essere un tempio, nella vostra visione?
I Temple Factory sono prima di tutto cinque amici; non sarebbe possibile trascorre ore e ore in
stanza prova se non fossimo tali. Ovviamente siamo anche dei musicisti benché non talentuosi come
vorremo. Suoniamo in una stanza prove ricavata nel capannone di una fabbrica meccanica e la
nostra stanza è il nostro tempio. Nella nostra visione si tratta di un “tempio” in senso letterale
perché in quella stanza amiamo credere di essere in presenza degli Dei, sperando che vogliano
aiutarci, guidarci e consigliarci. Siamo felicemente politeisti e sogniamo un mondo dove si possa
esserlo senza essere una “minoranza”; vogliamo che il mondo torni a riempirsi di templi!

2) Il vostro album di debutto “It’s Time” è appena uscito, ma non siete degli adolescenti
anagraficamente. Quali trascorsi vi hanno portato a formare una band insieme? Cosa è
rimasto delle esperienze precedenti e cosa c’è di nuovo?
Ad eccezione del cantante, i Temple Factory 20 anni fa facevano parte di una band punk, ci siamo
divertiti e abbiamo fatto delle esperienze indimenticabili; sono esperienze che rimangono per
sempre. Avere già un passato musicale insieme ha sicuramente contribuito a farci entrare subito in
sintonia nonostante sia profondamente cambiato il genere musicale che suoniamo oggi. Delle
precedenti esperienze può darsi che qualcosa sia rimasto, forse in lontananza. Dall’interno del
progetto è difficile esprimersi al riguardo. Del passato sono sicuramente rimasti l’affiatamento e la
passione, tutto il resto è tendenzialmente nuovo. Ad ogni modo un eventuale filo di continuità col
nostro passato musicale non guasterebbe e di certo non lo rinnegheremmo.

3) Avete presentato il nuovo album con il singolo “Red Line”. Quali ragionamenti avete fatto
per scegliere il singolo adatto a rappresentarvi?
Abbiamo scelto Red Line come nostro singolo di debutto principalmente per il messaggio che la
canzone vuole comunicare. Affronta la questione del cambiamento climatico che rappresenta un
tema per noi molto importante soprattutto perché viviamo in un territorio che risente in modo
particolare di questo tragico problema. La canzone pareva inoltre adatta anche dal punto di vista
del sound in quanto rappresentativa dello stile, della composizione e delle sonorità di tutto l’album.

4) Qual è l’aspetto più difficile da affrontare al debutto di un progetto musicale?
L’aspetto più difficile crediamo sia la gestione di tutta quella che è la parte “digitale” del progetto.
Siamo cresciuti in un contesto dove si compravano i dischi e si andava a sentire i concerti; era un
contesto più semplice ed immediato. Oggi è necessario curare molti altri canali comunicativi e
questo può creare delle difficoltà. Più in generale, da affrontare sono le ordinarie difficoltà di una
band emergente: farsi conoscere, trovare locali che danno spazio alla musica inedita e trovare il
tempo per riuscire a fare tutto questo.

5) Quali sono i progetti italiani che maggiormente vedi come riferimento? E quali quelli
internazionali?
Il panorama musicale italiano non è mai stato particolarmente un riferimento per noi; se poi si
considera che da circa due anni quello della musica è un mondo abbastanza fermo è difficile avere le idee chiare. Sicuramente sono molte le band internazionali, contemporanee o meno, che per noi
rappresentano degli ottimi punti di riferimento. Suoniamo con batteria, basso e chitarre quindi
rientriamo in quell’immenso e magnifico calderone della musica rock a 360 gradi. È in questo
immenso mondo che ritroviamo tutti i nostri riferimenti: dai Beatles ai Foo Fighters, dai Pink
Floyd ai Biffy Clyro.

6) Da musicisti con una certa esperienza alle spalle, quali sono i consigli che vi sentireste di
dare ad una band alle prime armi? E se doveste fare un concerto con voi stessi adolescenti,
quale suggerimenti avreste voluto ricevere dalla versione adulta di voi?
Se proprio vogliamo fare questo lungo, lungo salto temporale, consiglieremmo a noi stessi di
dedicarsi al proprio strumento, di prendere qualche lezione in più, di divertirsi ma soprattutto di
essere curiosi, di ascoltare di tutto e maturare un orecchio aperto ad ogni genere. Insomma, nel
mondo della musica non bisogna mai essere prevenuti! Ad una band alle prime armi crediamo che
offriremmo i medesimi consigli ma soprattutto consiglieremmo di suonare la musica che si vuole,
senza farsi condizionare troppo dal mercato musicale, né dalle sue luci né dalle suo ombre. Una
band funziona se porta avanti un progetto che è autentico e sincero.

7) Cosa prevede il futuro per i Temple Factory?
Sicuramente prevediamo di suonare e far conoscere la nostra musica; incrociamo le dita e
speriamo possa avere un buon riscontro nel pubblico. A parte questo abbiamo molto materiale su
cui lavorare e puntiamo a tornare in studio prima possibile. Il futuro prevede un secondo album già
l’anno prossimo o quanto meno questo è il progetto. Detto ciò, al futuro è sempre meglio non
pensarci troppo.