Manetti Bros. e Manuel Agnelli pronti a scassinare il botteghino con Diabolik

Diciamocelo Diabolik nella versione dei Manetti Bros. è uno dei film più attesi dell’anno. La pellicola uscirà a ridosso di Natale, precisamente il 16 Dicembre, sperando di riportare il grande pubblico dei tempi beati e socialmente intimi nelle post pandemiche sale, annebbiate da mascherine e distanziamenti vari.

Una missione impossibile? Forse. Anche perché non stiamo parlando di un cine panettone, almeno nell’accezione Vanziniana. La pellicola tratta dall’omonima serie di fumetti,  partorita dalla fantasia delle sorelle Giussani all’inizio degli anni Sessanta, una fantasia rivoluzionaria per quei benpensanti tempi non c’è che dire, è un esperimento di crossmedialità che nel nostro bel paese non accadeva da tempo. A meno che non vogliamo ricordare come epigoni (non proprio indelebili) il Tex di Giuliano Gemma e il Lucky Luke di Terence Hill.

“Ma qualcosa resta sempre. Lì. Acquattato in un angolo della coscienza. Quel desiderio di rompere le regole. Di infrangere la legge. Di prendere ciò che non è nostro perché, semplicemente, ci piace. Credo che il successo di Diabolik delle sorelle Giussani sia da attribuire in parte a questo lato oscuro che tutti noi abbiamo.”
Leo Ortolani

Portare al cinema un eroe dei fumetti è qualcosa di poco concepibile in un cinema due camere e cucina come il nostro, un’operazione artistica e commerciale che comporta grossi investimenti, rischi ancora più corposi e due palle così per mettersi in testa di realizzarla. Perché qui non siamo in America (del Nord ça va sans dire) dove tanto per dire i “mostri, uomini, Dei” Marvel sono diventati un vero genere a sé stante, fatto di sequel, prequel e spin off come se piovesse. Qui alle produzioni gli piace vincere facile e se proprio dobbiamo investire su prodotti derivati lo facciamo sui Gomorra o Le amiche geniali. Tutta roba da tv o piattaforme, serialità per facili ritorni.

Il cinema è un’altra cosa! Diremmo parafrasando lo Svedese di Rothiana memoria. Il cinema è una roba da adulti (ben) pensosi o con l’ormone pecoreccio impazzito, dove il fumetto viene considerato roba per far star buoni i bimbi.

Ecco allora che le premesse sono da All-in. Da tonfo o trionfo. I Manetti Bros. sono certamente registi coraggiosi e anticonformisti. Sono andati a questa guerra con un cast all star in cui spiccano Luca Marinelli (Diabolik), l’Eva Kant incarnata dalla sensualità di Miriam Leone e un Ginko aka Valerio Mastandrea che desta curiosità da tutti i pori. Quegli anticonformisti dei Manetti hanno poi scelto di proporre un personaggio che in tempi di moralità esagerata, di politically correct e di retti pensieri armati, è tutt’altro che un eroe da imitare. Perché adesso, trovate tutte le strategie e gli artifici che volete, ma Diabolik è tutt’altro che un eroe, tutt’altro che uno da imitare. È un criminale, uno che ha come solo ideale il professionismo nel fare colpi sempre più audaci e sempre più redditizi. Insomma, un tipo che non presenteresti mai alla mamma. Uno stratega dell’arte del furto che le usa tutte, dai travestimenti con le sue mitiche maschere, alla tecnologia, fino ai coltelli lanciati con precisione Ninja che non si ferma davanti a niente e nessuno. Diabolik è lo scassinatore dei cliché sui supereroi.

Ci vuole arte e strategia per provare a tenere in mare questo colosso. E a proposito di strategie e anticonformisti, i fratelli Manetti per la colonna sonora si sono affidati a un altro maestro di strategie, “dell’apnea”, che è Manuel Agnelli. Qui il leader degli Afterhours debutta da solista firmando due canzoni una meglio dell’altra e soprattutto una più diversa dall’altra ma entrambe molto in linea con la sua recente e a tratti spiazzante produzione. Lo fa portandosi dietro il fedele violino di Rodrigo D’Erasmo, il miglior Sancho della musica italiana tout court per distacco.

Il primo si intitola “La profondità degli abissi” è un pezzone rock con tanto di video thrilling firmato dagli stessi Bros. in cui il suono della chitarra elettrica la fa da padrone. Il secondo è una ballad molto anni Sessanta dal titolo futurista “Pam Pum Pam” in cui l’onomatopea riprende il linguaggio fumettistico per restituire un pezzo d’amore struggente con echi kubrickiani.

Ed ecco, le carte sono in tavola, la guerra per riportare il pubblico, quel vero pubblico, in sala è stata dichiarata e le festività di Natale sono alle porte. Per ora possiamo solo dire che l’Armata Diabolik sembra ben attrezzata.