5 album americani (e due canadesi) che dovresti ascoltare, usciti nel 2023 

Il mercato musicale è saturo, ci sono troppe uscite ogni settimana e non si riesce a stare al passo con gli album che escono, anche perché le logiche di questo stesso mercato impongono agli artisti di sfornare quanti più progetti che possono, così da finire in classifica nonostante la mediocrità di questi ultimi. In questo marasma, gli album e i progetti vengono dimenticati in fretta. In questo articolo, invece, cercherò di consigliarvi i migliori progetti usciti l’anno scorso negli Stati Uniti e in Canada, cercando di concentrarmi su quelli che sono passati più in sordina, metti caso che ve li siate persi… 

Desire, I Want To Turn Into You – Caroline Polachek 

Desire, I Want to Turn into You è il secondo album ufficiale della cantautrice e produttrice Newyorkese Caroline Polachek, precedentemente conosciuta come Ramona Lisa quando suonava nella band Chairlift, da lei stessa fondata, o anche come Cep, quando questi ultimi si sono divisi. Si tratta di un progetto pop sperimentale co-prodotto con Danny L Harle, fondatore dell’etichetta e collettivo PC Music assieme ad AG Cook, la stessa che ha avuto il merito di dar vita a quel genere che al giorno d’oggi è conosciuto come hyperpop ed è sinonimo di voci pitchate ed un’euforia tale da mischiare cultura digitale, pop e musica elettronica. Altri collaboratori, poi, sono Sega Bodega, che possiamo ammirare nella potentissima Sunset, traccia che mostra forse più di tutte le altre l’ecletticità dell’album sia nei suoni che nei temi toccati, Ariel Rechtshaid, visibile in I Believe, dedicata alla compianta Sophie, altra protagonista fondamentale del genere, e Grimes e Dido in Fly To You, stavolta anche come cantanti oltre che producers.

I contenuti, come detto, sono moltissimi: l’album riflette il lockdown passato a Londra, la morte di suo padre per colpa della pandemia, che l’ha portato a riflettere sul loro rapporto conflittuale, il tour del suo precedente album, Pang, assieme a Dua Lipa, ed un soggiorno ai piedi dell’Etna nel quale ha potuto affrontare i propri problemi. In generale, però, è il titolo dell’album a suggerire di cosa si parlerà al suo interno: l’innamoramento, fino a diventare tutt’uno con una persona, o addirittura fino ad esserne ossessionati in maniera frenetica e maniacale, ma anche il desiderio, nel senso più profondo del termine, diventare noi stessi la forza che guida le nostre vite.  

 

Glaive- I Care So Much That I Don’t Care At All

Il primo album ufficiale del 18 enne Glaive, I Care so Much That I Don’t Care at All, coincide con il suo passaggio dall’hyperpop, genere che a soli 15 anni aveva imparato a dominare e che, già dopo pochi singoli, gli aveva steso il tappeto rosso per la major, al folk-pop che ha caratterizzato la sua carriera da All Dogs Go To Heaven in poi. Co-prodotto assieme a Jeff Hazin, che lo accompagna dagli esordi, il disco contiene anche numerose produzioni di Ralph Castelli, anche lui storico collaboratore, e lo zampino di Alexander23, produttore di Sour di Olivia Rodrigo, candidato album dell’anno 2022.

E’ proprio la traccia prodotta da quest’ultimo, Pardee Urgent Care, a darci un’idea di cosa ascolteremo: cuori spezzati e relazioni tossiche, ma non solo. Una lettera di suicidio dà il via all’album, e mette le radici su quanto verrà dopo, ovvero un racconto della sua esperienza di crescita presentato in maniera onesta e sincera. In questo senso, si tratta di un album che ne dimostra la raggiunta maturità artistica, oltre che anagrafica. Raggiungere la fama in piena adolescenza, infatti, lo ha fatto crescere in fretta, obbligandolo a tagliare amicizie e legami, con una pesante ricaduta sulla sua salute mentale e sulla sua insicurezza e chiusura in sé stesso. Dicendoci All I Do Is Try My Best, Ash prova ad riflettere su come riuscire ad uscire da questa condizione, provando ad essere la migliore versione di sé stessi, nonostante errare sia umano e, a questa età, quasi obbligatorio.  

 

The Patience – Mick Jenkins 

Mick Jenkins fa parte di una nicchia di artisti che, nonostante pubblichino musica in maniera costante, vengono per certi versi ignorati dal pubblico generalista, in quanto molti dei loro lavori sono difficili da digerire, perché presentano testi strutturati, concept e sperimentazione nei suoni. The Patience, il suo quarto album ufficiale, è tutto questo, ma non solo: le produzioni ricordano le atmosfere jazz dei suoi precedenti lavori, ma sono anche più vivaci e meno sfumate, e riflettono il suo passaggio dal Cinematic Music Group a RBC/BMG, mentre i testi seguono sempre un filo conduttore, ma riflettono anche la voglia del rapper dell’Alabama di sfogare la propria frustrazione, la stessa che esplode quando la pazienza si esaurisce.

Come lui stesso spiega in un’intervista per The Fader, il progetto affronta, con un significato opposto rispetto al titolo, il tema dell’impazienza. Jayson si è stancato di aspettare che la gente lo prenda sul serio, di essere riconosciuto solo all’interno dell’ambiente in cui lavora, e lo testimoniano i grossi feat dell’album, artisti del calibro di Freddie Gibbs, Benny the Butcher e JID, ma non da parte del pubblico. L’intento è, in sostanza, quello di scavalcare quel muro simbolico davanti a cui è stato messo da parte dell’industria musicale. Per farlo, però, anche la stessa pazienza del titolo diventa fondamentale, per imparare dai propri errori e lentamente risalire la china, per quanto frustrante sia, di fatto combattendo quell’impazienza che funziona come leitmotiv dell’album. Nelle sue stesse parole: “Il mondo funziona in modo sistematico. Quando guardi qualcosa accadere e vedi che è sistematica, inizi a diventare impaziente ancora prima che accada. Puoi vedere dove si sta dirigendo quel qualcosa. Essere consapevole di questo sistema può renderti impaziente. Puoi individuare diversi momenti in questo processo che ti possano far prevedere un altro evento dello stesso, ma quando ti guardi indietro dopo aver fatto musica capisci che è quello l’ambiente da cui provieni … Quello che deve succedere dopo non è nelle tue mani, e quando incontri questo muro, non ti sembra il momento di essere pazienti … e ti sembra pazzesco perché, per una persona abituata a controllare il proprio spazio, ti viene insegnato che non puoi farlo sempre. E’ in quei momenti che tutto quello di cui hai bisogno è la pazienza.”  

 

Rocket Power- Quavo 

Alla morte di Takeoff ha seguito il secondo album solista di Quavo, Rocket Power, interamente dedicato alla sua figura. Con collaboratori del calibro di Murda Beatz, produttore dei Migos di lunga data, e BNYX, partner di Yeat dal 2021 e membro del collettivo Working on Dying, questo progetto va molto al di là della trap spaccona a cui il celebre rapper di Atlanta ci ha abituati.

Al suo interno, Quavious descrive le difficoltà e il dolore che lui e i suoi cari hanno provato dopo la morte improvvisa del suo collega e nipote, mostrandosi vulnerabile come mai aveva fatto prima, e chiedendo alle persone a lui vicine di venirgli in soccorso durante i momenti più bui. Insomma, il grave lutto seguito dal rapper gli ha permesso di potersi finalmente aprire, pur mantenendo lo stile e l’attitudine a cui ci ha abituato fin dagli esordi. Personalmente, non ho mai preteso contenuti da Quavo, perché non ha mai fatto parte del suo personaggio: questo album ha il merito di avere mostrato una parte di lui che non avevamo mai conosciuto. Non so se resterà un episodio isolato, dato dall’esigenza, fortemente comprensibile, del momento, ma se Quavo decidesse di continuare a sfogarsi anche nei suoi prossimi dischi potremmo assistere a una svolta nella sua carriera che potrebbe rivelarsi davvero interessante.  

 

Gathered By The Lantern – Powfu

Con Gathered By The Lantern, il lo-fi rapper e cantautore Powfu realizza il suo primo album da indipendente, supportato da una vasta gamma di produttori tutti interni all’ambiente di SoundCloud, come ad esempio Ouse, cantante e beatmaker norvegese con cui collabora da lunga data, e l’artista newyorkese Skinny Atlas.

E’ proprio con la collaborazione di quest’ultimo che si apre l’album: No Balls è una canzone profonda ma allo stesso tempo altamente ironica e che suona, alla lunga, come una presa in giro. Allo stesso modo, anche Walk on Wine, presentata tramite una raccolta di singoli uscita come anticipazione dell’album (raccolta, quest’ultima, che conteneva anche No Balls), è un vero e proprio banger che descrive una strana, divertente, ma anche intensa storia d’amore, e che contiene una straordinaria interpretazione da parte dell’amico cantautore Cody Lawless (precedentemente conosciuto come Known.). Queste due canzoni sono un vero e proprio preludio al resto del progetto: amore, ironia e una vasta gamma di ospiti, sia artisti che produttori. Insomma, Powfu si muove all’interno di una comfort zone ampiamente collaudata, e realizza a mio parere il miglior album che questo contesto potesse generare. Se ci si potesse spingere un po’ più in là, però, forse si potrebbe gridare al miracolo… 

 

I Left You In Minnesota – Pardyalone 

I Left You in Minnesota è il secondo album ufficiale dell’artista emotrap Pardyalone.  Testi struggenti e una voce sporca, tremante, ma che ha il merito di raggiungere tonalità elevate, caratterizzano quello che, effettivamente, è un progetto estremamente promettente per un musicista che ha raggiunto la fama tramite TikTok. Forte anche dell’appoggio di Travis Barker, che ha prodotto la toccante Alone, e di un’ampia squadra di produttori e musicisti, come Sickdrums, che ha lavorato, tra le altre cose, a Needed me di Rihanna, ed Andrew Goldstein, già collaboratore di artisti del calibro di Britney Spears e Ne-Yo, Kelvin dà la genuina impressione di esorcizzare le proprie ansie tramite le sue canzoni, rendendole sentimenti messi in musica.  

 

4D- Blank Banshee

Tre anni dopo l’acclamatissimo Gaia, è arrivato a sorpresa 4D, un’ altro album autoprodotto di Blank Banshee, pionere della Vaportrap, sottogenere della vaporwave che ne elimina la componente politica e ne enfatizza le batterie da club, pur mantenendo i richiami ed i campionamenti della cultura pop e digitale degli anni 80 e 90. Il misterioso e influentissimo produttore canadese realizza un altro prodotto nel quale la sperimentazione la fa da padrone, e che trasforma semplici suoni suonati da un minuscolo pad in veri e propri banger, intervallati da sprazzi riflessivi che portano in altri mondi, mondi fatti di stringhe e codici che prendono vita, e comunicano emozioni intense ed uniche.