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“Non vi preoccupate, sono sempre qui e non mi snaturo in niente”, due chiacchiere con Speranza – BUGtalks

Speranza ha da poco pubblicato il suo ultimo singolo “Welcome To Favelas”, brano che ha il compito di rilanciare una carriera che è stata, per troppo tempo, bloccata a causa del Covid. Noi lo abbiamo contattato telefonicamente per parlare un po’ della nuova strada con la nuova etichetta e di progetti passati e futuri.

Se seguite BUGzine da un po’ saprete sicuramente quanto apprezziamo Speranza musicalmente e personalmente , siamo andati a ogni suo live che ha fatto intorno alla nostra sede. In questa chiacchierata che mi sono fatto con Ugo ho ritrovato l’artista che ho conosciuto in tanti backstage dal vivo, una persona limpida e corretta come forse ce ne sono poche nella scena mainstream, con i piedi saldamente ancorati a terra e un rispetto per tutte le soggettività che hanno contribuito alla sua maturazione artistica.

1) Ciao Speranza, è uscito da poco il tuo ultimo singolo “Welcome To Favelas”, raccontaci un po’ com’è nato?

É nato per il fatto che ho avuto questo bel po’ di pausa, col Covid e tutti questi macelli, ho fatto anche il cambio di etichetta, e quindi mi sono dedicato un po’ a queste sfaccettature più burocratiche. Avevo iniziato già a scrivere testi ma con il tempo che è passato ho cambiato un po’, perchè tutto cambia. Poi mi sono dedicato a fare altro, nel frattempo per non essere totalmente assente, non so se hai seguito un po’, ho scelto di fare una marea di featuring, proprio per essere presente come minimo. La stessa cosa ho voluto fare con questo brano, ho voluto buttare una cosa a terra ma che ricordasse proprio lo Speranza quello che hai conosciuto tu degli inizi, per dire alla gente “Non vi preoccupate, sono sempre qui e non mi snaturo in niente, non vi preoccupate di quello che faccio”. Ora ho iniziato a cacciare questa roba anche per affetto della gente che mi scriveva e percepivo un po’ questa impazienza.

2) Possiamo pensare che questo sia un piccolo assaggio di un futuro disco? Se ne puoi parlare

Guarda non sono nemmeno con quell’animo del “No spoiler”, adesso sto scrivendo, sto andando in studio, quello che metto a terra è quello che uscirà. Potrebbe essere anche un altro singolo o un altro progetto, non lo so. 

Ora mi sto dedicando essenzialmente alla scrittura e a registrare in studio, se poi mi metto a fare progetti già da adesso, allora mi condiziona sulle cose da fare, ora voglio solo spingere.

3) La pandemia, come per tanti artisti, ha impattato fortemente sul tuo percorso, rimandando e poi annullando il tuo primo tour nei club più grossi d’Italia, come ha influito su di te che sul palco hai sempre dato il meglio?

È vero, però diciamo che in piena pandemia, quando tutti gli artisti si arrabbiavano io sono quello che non ha aperto proprio bocca, ho detto “Vabbè, qui c’è gente che sicuramente ne soffre più di noi, e che forse non ha nemmeno più il piatto a tavola, dobbiamo stare zitti. Tanto anche non si canta più e non entra qualche soldo in più, noi ci accontentiamo, mangiamo pane e cipolla, siamo abituati.” Allora io ho resistito e ovviamente comunque ha impattato perché mi ha rallentato ma ha rallentato un po’ tutti e quindi ho quel primo album [Ultimo a morire, ndr] che non ho potuto suonare e, come dici tu, a me che piace il live mi è dispiaciuto veramente tanto. Ma quando ci ritorneremo su un palco spero di cantare qualcosa dell’album prima.

4) In “Ultimo a Morire” hai avuto il featuring di Rocco Gitano e anche in “Welcome To Favelas” parli molto dei tuoi contatti con la comunità Romanì, come sono nate queste connessioni?

Per chi mi ha seguito ho sempre bazzicato in questi ambienti dell’Est Europa ma anche di zingari italiani, perciò ci ho tenuto a farlo con Rocco Gitano perchè siamo in Italia e la gente conosce di più la realtà Rom rumena che quella italiana se non per certe situazioni brutte.

Nei pezzi cerco sempre di introdurre qualsiasi persona abbia fatto parte della mia vita, i Rom compresi, anche perché non è che sono accessibili a tutti perché la gente ha paura e allora cerco un po’ di parlarne io senza sempre esaltarne gli aspetti negativi.

5) Nelle tue canzoni la periferia è sempre centrale, da Berhen a Caserta, e tu sei una delle voci che meglio la racconta, ci sono similitudini tra queste zone nelle varie città? Secondo te perché?

Se ci pensi questo brano, Welcome To Favelas, parla un po’ di questo anche, sono sfumature che vanno crescendo, perché c’è sia il quartiere che il ghetto, c’è sia il disagio che il degrado. A volte sono periferie che sono al centro della città, come un po’ Napoli, come un poco a Caserta, poi ce ne sono altre, come in Francia, che sei proprio lontano dai centri importanti, quindi ci devi andare per esempio in metro e spesso poi fanno passare la voglia di stare al centro perché ti rompono il cazzo dalla mattina alla sera. E quindi credo che sia proprio questo disagio che unisce tutto il contesto, che non è poi un disagio di retorica, è proprio un fenomeno urbano.

6) Se si pensa alla tua musica forse l’associazione con rap politico non è la prima che salta in mente, eppure io, nei tuoi testi, ci vedo molte tematiche sociali, pensi che le tue canzoni possano essere la colonna sonora delle lotte per un mondo più equo?

Mi auguro di no, perchè faccio musica proprio per non fare politica, la cosa inevitabile è che quando hai un microfono in mano e la gente ti ascolta automaticamente, esprimendo un pensiero tuo, automaticamente è politica. Però se devo dirti che dipenda una lotta politica no, è un racconto di strada, è una denuncia che non ha soluzioni, io sono lì per denunciare non per risolvere. 

Cerco sempre di parlare di cose di cui poi nessuno ha parlato, di mettere proprio il dito proprio lì dove nessuno ha mai indicato, su questo tanta gente mi scrive che si sente rappresentata, e questo mi fa tanto onore più che piacere. Se andrà oltre per me meglio ancora.

7) Uno dei feat che più ho apprezzato in “Ultimo a Morire” è quello con Kofs, trovi ancora molta ispirazione nella scena francese e con chi vorresti fare una collaborazione?

Ci sono nato con la scena francese e quindi me l’ascolto sempre, sono legato fino alla morte, lì poi rimane il rap hardcore che è una cosa che in Italia forse siamo io e Noyz a fare questa cosa, invece in Francia lo fanno tutti. Ascolto quasi sempre rap francese, rap americano quasi niente. 

Con Kofs è stata una bella collaborazione perché poi quasi subito dopo il featuring lui ha volato e ha fatto già un album, ha fatto un bel percorso.

Il mio sogno sarebbe di collaborare con qualcuno della vecchia scena, il gruppo NTM.

8) La tua timbrica vocale è inconfondibile e rende riconoscibili sin dal primo attacco le tue canzoni. Un altra caratteristica che ti ha contraddistinto è la mescolanza di varie lingue e soprattutto del dialetto casertano. Pensi di continuare a farne uso anche nei prossimi brani?

Già ho fatto un primo step perché sono passato dal dialetto all’italiano, quando mi sono andate bene le cose, la situazione mi ha portato a Milano e ho scoperto che conoscevo anche l’italiano e questa cosa mi ha incuriosito, mi sono detto “Oh cazzo, questa è una lingua che conosco e non l’ho mai rappata” e quindi io mi sto divertendo a fare questa cosa, anche esprimermi in italiano, che prima mi sarei sentito un deficiente, oggi lo faccio quasi in automatico perché mi adatto sempre un po’ agli ambienti che frequento. 

Riguardo alle altre lingue penso che non mi fermerò più di tanto perchè è una cosa che fa parte di me, nel senso che viene per esempio dalla Francia e dal rap francese, parlando lo slang, mischiamo molte parole delle culture che frequentiamo e quindi cerco di fare uno slang mio anche in italiano per rappresentare le altre comunità che frequento, che si sentono incluse in quello che dico. Magari a volte una persona non la capisce, ma sarebbe anche ora che se la andasse a cercare.

9) Sogni per il futuro?

Una casa, per tutta la vita, non chiedo altro. Due cose sono essenziali nella vita: un piatto a tavola e che non ti piove in testa, il piatto in tavola lo tengo ora manca il tetto.