La Do Your Thang, collettivo dell’underground romano, è stata la protagonista della primavera e dell’estate 2022, tra joint album, progetti solisti e soprattutto Gang Theory, primo album di gruppo in cui la dimensione di collettivo viene messa ampiamente al centro.
A parte William Pascal, attivo a ritmo mensile (risale al 25 novembre la sua ultima fatica, Trezeguet), è da qualche mese che non sentiamo parlare di Do Your Thang, collettivo dell’underground romano formato dall’artista sopracitato, Jekesa, Penny, White Boy, Pacman XII, SWED, Panz, Rubber Soul, Alan Beez, Benjamin Ventura e Dj Dibba. Tutti insieme, però, questi artisti sono stati protagonisti della primavera e dell’estate 2022, tra joint album e progetti solisti in mezzo ai quali risalta sicuramente Gang Theory, primo album interamente del collettivo.
Già la prima traccia, Disaster Artist, citazione all’omonimo film del 2017, evidenzia la particolarità della loro visione artistica: piuttosto che dare retta alle logiche di mercato, glorificare il fallimento come punto di partenza per spaccare quando, appunto, arriva il momento giusto per diventare (pre)Destinati. Si tratta, in questo caso, della seconda traccia del disco, che serve come trampolino di lancio per Trappole, uno dei singoli, traccia spensierata costellata anch’essa da una profusione di barre tenute insieme da un ritornello catchy affidato a William Pascal. Degna di nota è anche la traccia successiva, San Fierro, dove quest’ultimo dà prova della sua bravura anche in francese, affiancato da SWED, che invece si prodiga in una strofa in spagnolo, fino ad arrivare ad una delle ciliegine del disco, My Bad.
Da ricordare, qui, la strofa di Willie Peyote, che già aveva collaborato con Penny, SWED e Rubber Soul per Down the Rabbit Hole, concept album “jazz rap” che già nel 2016, quando uscì, rese l’idea di quanto il crew, attivo dal 2014, non seguisse le indicazioni di una scena che già era orientata da parecchio verso sonorità trap o che, in alternativa, le rifiutava in favore del classico boom bap. Il disco poi prosegue con il singolo Charles De Gaulle, che ancora una volta mostra di voler dare al disco un’impronta bohemienne, e una strofa di Ensi in Mass Effect, sempre in grande forma. Risulta molto degno di nota anche la presenza di niente meno che i Colle Der Fomento nella traccia Alma Libre, con Danno che riconferma (come se ce ne fosse bisogno) la prova eccezionale che fornì, nel 2017, nel disco d’esordio (e a mio sommo dispiacere l’unico, finora) di William Pascal, nonché capolavoro di quell’anno. Partecipazione, questa, che bissa quella in Split di Jekesa, altro progetto della crew che ci fa affermare “ben fatto!”, uscito pochi mesi prima.
Non solo gruppo
Jekesa si era già fatto notare nel 2015 con Jake Blues, lavoro sicuramente passato sottotraccia nel panorama mainstream (e in parte anche underground) ma che ha fatto strabuzzare gli occhi a chi, come me, stravede per la musica black, visti i suoi continui rimandi al suo passato reggae (Jekesa ha iniziato la sua carriera con 1UP Sound, gruppo reggae romano) e le influenze jazz, gospel e soul presenti nella sua produzione musicale. Influenze, queste ultime, che sono visibili, appunto, anche in quest’ultimo album, che si presenta come una sorta di inno alla presa bene per scacciare via i problemi della vita. Una visione, questa, che viene evidenziata, ad esempio, tramite tracce come Buster Scruggs (“L’hai visto Buster Scruggs? … Beh lui balla preso bene perché sa che tutto passerà”), ma senza dimenticare la critica sociali di canzoni come Borromini (“Questi vestono omo, ma odiano i sodomiti, poi si vanteranno del duomo, ma non sanno chi è Borromini”) e l’atmosfera sognante ma malinconica di tracce come Travis.
Il 2022 del gruppo, poi, ha visto anche la comparsa del singolo Abisso di Rubber Soul, Pacman XII e Panz, che ci fa ben sperare per un successivo producer album del primo, l’ep Villains di White Boy, solita compilation di barre tecniche e arrabbiate e l’ep di Panz All You can street, scritto, prodotto e registrato in una notte, ma soprattutto l’album Tutto di personale del già citato Penny, primo progetto interamente solista che ne riconferma la particolarità. Si tratta, infatti, di un album “jazz rap” che mischia le “Buone Vibez” a interludi romantici come “Azoto”, a sprazzi di tecnica fine a sé stessa come in “Golden Boy”, il tutto condito dalle sue doti da cantastorie, o meglio, come dice l’ottima Giulia Marinelli in 11.90, “menestrello” che apre il suo cuore tramite una melodia.
Aspettando un album solista di Pacman XII, White Boy, William Pascal e Panz, possiamo mostrarci soddisfatti del 2022 che ci ha regalato questo collettivo, mai abbastanza emerso ma che, piano piano, si sta prendendo ciò di cui si merita, e che ci ha regalato quest’anno dei progetti che nulla hanno da invidiare a ciò che è uscito, parallelamente, nel panorama italiano underground e mainstream. Se si riconfermerà, oltrettutto, anche l’anno prossimo tramite il resto dei suoi membri, potrà poi continuare a darci perle anche nel 2023, confermando lo status di grazia dell’underground romana all’interno della scena negli ultimi tempi. Restiamo all’ascolto, ed in attesa.