massimo pericolo live report

Perdere la voce al concerto di Massimo Pericolo

Avrete già sentito una storia simile, ma io voglio raccontarla lo stesso. Sono nata nella provincia più a sud d’Italia: una collocazione geografica scomoda, distante dalle grandi città siciliane. Da ragazzina poter andare ad un concerto era qualcosa di irraggiungibile e improbabile, e le poche volte che è successo sembrava di aver conquistato il bottino d’oro. Dopo il liceo mi sono trasferita a Bologna, ed è qui che la musica e i concerti sono diventati una delle mie priorità. Da quando il Covid ci ha privati della musica dal vivo, la mia voglia di andare ad un concerto è morta. Sotto ai palchi ho urlato, cantato, sudato e rovesciato diversi bicchieri di birra a terra.

Qualche giorno fa, inaspettatamente, dopo tanto ho ritrovato me stessa dentro una folla di gente, urlando prepotentemente sotto al palco di Massimo Pericolo. Ho finalmente ricordato la sanzione di avere un sacco di gente intorno, e non avere paura. Ho cantato -anche le canzoni di cui non conoscevo una singola parola- ho sudato e ho abbracciato i miei amici. Prima del concerto, ho ricordato anche la sensazione di avvicinarsi al merchandising, voler comprare tutto e sapere di non poterlo fare. Ho notato un dettaglio che non è cambiato dall’ultima volta che ho visto Massimo Pericolo bere una birra sul palco: il nastro segnaletico rosso e bianco.  Si, un dettaglio stupido che mi ha fatto ricordare i vecchi tempi, quelli che finalmente sono tornati. Al mio primo concerto di Massimo Pericolo ho rotto lo schermo del mio cellulare; questa volta sono stata lungimirante e non ho tirato fuori dal marsupio l’iPhone durante 7 miliardi, il pezzo che ha reso Alessandro Vanetti – Brebbia classe ’92 – che per strada chiamano Vane, Massimo Pericolo.

Quando sale sul palco ha già una birra in mano, addosso un giubbotto antiproiettili, una maglia con scritto “PERICOLO”- generosamente lanciata al pubblico dopo i primi pezzi – e le orecchie da gatta in testa. Il primo brano per l’Estragon di Bologna è DEBITI, da Solo tutto, il secondo album interamente prodotto, ancora una volta, da Crookers. Un disco che, come Scialla Semper, non ha bisogno di essere parafrasato: dice che non sarebbe mai sul palco senza Scialla Semper, quindi a questo punto, io ho iniziato a perdere la voce.

È il turno di STAR WARS, direttamente da MACHETE MIXTAPE 4, con Fabri Fibra. Segue aggressivamente BERETTA  “Popstar come Madonna/ sono trap come la mafia”; alle spalle del rap il video, sintesi degli elementi imprescindibili dell’immagine firmata Pericolo. L’estetica e il messaggio non evolvono ed è proprio questa immutabile trasparenza e schiettezza a rendere Massimo Pericolo un’istituzione del rap italiano.

Il rapper di Varese non nasconde nulla: sputa rabbia e consapevolezze, come quella di essere cambiato con i soldi e lo fa con CASA NUOVA, il pezzo con Venerus “Quanto è difficile scrivere/ il secondo disco/ soprattutto se col primo diventi ricco”. Tocca a Sabbie d’oro: manifesto della scrittura e del vissuto di Massimo Pericolo, un pezzo rivolto agli oppressi, che urla al cuore degli oppressori.

Segue BUGIE, a mio parere, il pezzo con cui il rapper si mette più a nudo davanti al suo pubblico. Dopo l’ennesimo sorso di birra, Pericolo chiede di rivolgersi al signore del bosco, quindi l’inizio di Totoro, a seguire Cella senza cesso e Ansia. Massimo beve, rappa, suda e si spoglia. Arriva il momento di Miss, qui ho definitivamente perso la voce. Anche Massimo Pericolo parla d’amore e quando lo fa è incazzato, intenso e introverso, come in STUPIDO, AIRFORCE e Ramen girl.

Il concerto continua senza sosta, sono esausta, sudata, mi guardo intorno e mi rendo conto di essere in mezzo ad una folla enorme, dalla quale non voglio scappare. Il concerto si chiude con hit come Scacciacani, 7 miliardi e per finire Polo Nord: una marea in fiamme per Massimo Pericolo.

Di Carla Leto