Cosa dobbiamo aspettarci da ERICK THE ARCHITECT

Rapper, produttore e disegnatore, Erick the Architect è un artista poliedrico ed eclettico che non ha ancora la rilevanza che merita nel nostro Paese.

All’anagrafe Erick Elliott, è fondatore e membro del gruppo newyorkese dei Flatbush Zombie, assieme ai compagni Meechy Darko e Zombie Juice, tutti residenti nel quartiere di Flatbush, Brooklyn, da cui prende il nome il trio.
Fortemente legati al loro luogo d’origine e alla musica dell’East Coast sono attivi nell’industria dal 2012, anno della pubblicazione del loro primo mixtape D.R.U.G.S acronimo di “Death and Reincarnation Under God’s Supervision”, sedici tracce che ruotano attorno a giochi di parole tra il mondo del cinema e degli psichedelici, mondo per altro ben esplorato da Juice e Meechy che nelle loro strofe raccontano di come i funghi della psilocibina li abbiano portati ad una rinascita della coscienza.

«Told her the windows are your eyes, she can’t hide when deep inside
And destiny is mine so I decide my own demise»
– Meechy Darko in Breakfast AT ePiffanies, Track 2 from D.R.U.G.S

Qualche anno prima del loro debutto musicale Arc Elliott – uno dei vari pseudonimi di Erick – aveva già pubblicato tre lavori da solista, rispettivamente noir. nel 2010, renvoi.  e almost remembered. nel 2011, quest’ultimo il più conosciuto.
Anticipatore di una corrente rap statunitense che coniuga atmosfere chill a testi impegnati, questi mixtape rappresentano la sua essenza innovativa come produttore e iniziano formare il suo stile musicale. Nello stesso decennio si aggiungono alla lista due importanti lavori strumentali ARCstrumentals, Vol. I e II, che diventano una pietra miliare nella sua storia di producer.

Insieme ai Pro Era, storico gruppo di Joey Bada$$, il trio di Flatbush fa parte del supergruppo Beast Coast che raccoglie numerosi mc’s e producers dell’area di NY e Brooklyn con i quali nel 2019 esce il disco Escape from NY, un progetto collettivo che coniuga la visione musicale della vecchia scuola della costa Est con le nuove sonorità che stanno prendendo piede in tutti gli Stati Uniti.

The Arc conosce la tradizione sonora del suo luogo d’origine e nelle sue produzioni tiene sempre a mente il posto dove è cresciuto e la musica che suona nelle strade del suo quartiere: Kool G Rap e Grandmaster Flash, il Wu-Tang Clan, gli Onyx ma anche i De La Soul e Tribe Called Quest, che nello stesso periodo portano sul palco le sonorità forti prodotte dalla drum machine unite alle musicalità del jazz con gli argomenti del conscious hip hop.

La carriera solista

Risale invece a più di un anno fa l’ultimo progetto solista ufficiale di Arc Elliott, Future Proof, un EP di sole 5 tracce che parla di situazioni intime che l’artista ha vissuto sulla propria pelle durante il periodo di lockdown. È un disco più soul e introspettivo, dai liricismi ricercati che toccano tematiche comuni ma lo fanno in maniera niente affatto banale.

Tra le varie tracce vanno ricordate Wtf con Col3trane – con cui ha recentemente collaborato nella traccia Plus Minus nel disco dell’artista londinese che uscirà a breve – che racconta delle vicende che il movimento Black Lives Matter ha dovuto affrontare nel corso del 2020 e sulla condizione esasperata degli afroamericani negli Stati Uniti, e non solo; e LET IT GO con FARR e Loyle Carner che ha fatto milioni di streaming e generato numerosi remix.

When the music from the soul, boy you Future-Proof” canta the Arc nell’ultima canzone dell’EP, Selfish.
Essere a prova di futuro è quello che determina chi sei e dove vuoi andare nella tua vita – racconta in un’intervista a Complex – chi sei determina quanto tempo rimani nell’industria. Se ti perdi e ti snaturi rischi di essere eliminato.

Attraverso la sua musica cerca di veicolare il messaggio per cui è necessario spaziare tra vari generi affinché la gente rivaluti un artista. Passare dal rap crudo di Brooklyn a dei sample più soul, accompagnando testi che trattano di esperienze di vita quotidiana ed interiore, non significa arrivare per forza al grande pubblico o sforzarsi di piacere a tutti, ma ampliare gli orizzonti della creatività personale.
Se dovessimo riassumere il suo modo di intendere la musica potremmo usare una frase che l’artista dice nella stessa intervista: “you sacrifice an individual story to tell a universal one”.

The Architect, un nome che parla di progettare qualcosa che sia sempre nuovo e che faccia star bene in primis se stessi ma senza mai privarsi di esperienze nuove, spingersi ai limiti di quello che conosciamo per imparare cose diverse, usare la nostra creatività per veicolare un messaggio universale che non costringa ad omologarsi all’industria musicale del momento.

 

Cosa prospetta il futuro di Erick the Architect? Per ora possiamo solo porci vari interrogativi.

Sicuramente i due singoli usciti ad ottobre Skinny Ramen Freestyle e Self Made (questo portato anche a Colors Show, un ottimo trampolino di lancio per gli ascoltatori internazionali) potrebbero anticipare un nuovo progetto solista con sonorità che ritornano al suo gruppo ma con delle liriche fuori dal gangsta rap tradizionale.
A gennaio 2022 su Instagram aveva festeggiato il primo compleanno di Future Proof EP, accennando a nuova musica in arrivo. Entro fine anno potrebbe uscire definitivamente con un disco che lo porterebbe ad un pubblico fuori dagli States, guardando il successo internazionale che stanno avendo altri suoi colleghi come Loyle Carner, Kota the friend, Nyck Caution, per citarne alcuni.
Sarebbe poi interessante vederlo suonare su palchi europei per avere un riscontro di quella fetta di pubblico che si sta abituando al Chill Vibe rap dalle liriche sottili e ricercate.

Inoltre, negli ultimi mesi è uscita una collab tra i Flatbush  e RZA nei due singoli Plug Addicts e Quentin Tarantino che si rifà alle atmosfere cinematografiche del regista a cui Arc Elliott è particolarmente legato. Si potrebbe forse parlare di nuovo joint album in arrivo con il membro del WuTang Clan?
Non ci resta che aspettare.