Milo, il fabbro delle parole (Analisi dei testi)

Un luogo comune molto radicato è che i rapper americani, in fondo, dicano le stesse cazzate degli italiani, se non peggio. In realtà qui come negli USA ci sono artisti dalle attitudini più diverse, così come diversi sono i parametri per studiare la loro scrittura.

Questa premessa serve per introdurre uno degli scrittori più fenomenali che io abbia mai sentito. Milo è di Chicago ma non riesco ad accostarlo a nessun rapper di nessun posto nel mondo, lui stesso non ama definirsi così, preferisce piuttosto “wordsmith”: fabbro delle parole.

I’m back on my Black Bukowski bullshit / Fuck your notepad, wrote a poem with a toolkit
Milo – poet (black bean)

“Scrivere una poesia con una cassetta degli attrezzi” è esattamente quello che farebbe un “wordsmith”, ma milo sa bene che darsi un’etichetta differente non basta, per questo è il primo a interrogarsi sul tema.

Rap remind me of the Apple Store / Too many geeks selling trinkets in uniform
milo – Yet Another

“Il rap mi ricorda l’Apple Store / troppi sfigati in uniforme che vendono paccottiglie”, questa è la sua visione di una scena che gli appartiene anche se non lo rappresenta, il suo ruolo è quello di essere un outsider consapevole: “Se avessi voluto essere il rapper più malato, tu lo sapresti.”

It’s that amethyst poet / If I wanted to be the illest rapper, you would know it
milo – @yomilo

Rory ha studiato filosofia e non c’è da sorprendersi se le sue tracce sono un tesoro di citazioni, ma un testo che sembra una pagina di Wikipedia non può funzionare e qui sta uno dei suoi talenti: accostare citazioni in modo che creino immagini immediate anche per chi non le coglie.
Vi faccio un esempio:

In the Palace of the Peacock, eating the kingdom of God / You were too busy talkin when that snake said “love is choosing”
milo – call + form (picture)

Il Palazzo del Pavone non è una ambientazione surreale ma un libro di Wilson Harris in cui i protagonisti muoiono uno ad uno in sette giorni, milo riprende questa allusione alla genesi per collegarsi a Quattrocento di Margaret Atwood, in cui il gesto di Eva viene letto come un atto di libertà: “l’amore è scegliere”.

Come vi dicevo la peculiarità di rime come questa è che anche senza coglierne le citazioni riescono a creare un immagine potente, che si rafforza scoprendone i significati nascosti.

“Love is choosing, the snake said. The kingdom of God is within you because you ate it.”
Margaret Atwood – Quattrocento

Ma i testi non sono tutto (specie se ne capisci un terzo visto che sono in americano) e per questo ci tengo a dirvi che milo compone gran parte delle sue basi e ha un side-project sperimentale chiamato Scallops Hotel. Il sound ha uno stile onirico e vagamente lo-fi che può ricordare (alla lontana) la scuola di J Dilla ed Elaquent.

Vorrei chiudere con uno “statement” che rappresenta a pieno la filosofia di milo: “E per aver seguito ogni regola tutto ciò che avete ricevuto sono stati applausi”.

And for following every rule, all you received was applause
milo – rapper

Con questa frase, ripetuta come un mantra alla fine della traccia, milo vuole invitarci a evadere le norme senza preoccuparci della reazione esterna, il compito degli artisti non è eccellere o perfezionarsi ma rovesciare gli schemi e dare libera voce alla propria ispirazione. Credo che questo sia il miglior consiglio per qualsiasi artista.

P.S. Tutti i testi citati vengono da who told you to think??!!?!?! e So The flies don’t come, due dischi davvero spettacolari.

Questo articolo è apparso sul secondo volume cartaceo di Profondissima, una rivista fichissima.

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