Memento Mori: varchiamo lo specchio magico insieme ai DSA COMMANDO

Memento Mori è una coltellata a sangue freddo.
Sono ore che in tutti i modi cerchiamo un’allegoria, un qualsivoglia stimolo differente dalla frase di cui sopra. Eppure niente. Nulla. Il vuoto.

Il perché è molto semplice, l’EP rilasciato dai DSA Commando non è una storia, non è un racconto, non è nulla di tutto ciò.
Questo disco è una discesa verso gli inferi per arrivare a sedersi affianco a Lucifero e stare lì a godersi
questo miasma della disperazione umana. Il gruppo non ha mai avuto filtri per argomenti scottanti e dolorosi: basti pensare a Notturni o Children Of Dog, dove si parla di abusi e degrado.

In questo Memento Mori però i DSA hanno definito un nuovo limite, un nuovo senso. Ora l’ansia non è data dallo scenario, ma dalla psiche che risulta molto più pressante e stringente.

Il primo singolo dell’EP infatti ci introduce all’argomento cardine: la morte. In questa ouverture ogni membro del gruppo parla di qual è la sua visione sull’inevitabile.

Inizia Krin, che sembra prenda tutti noi per mano parlando di come sia “inutile tentare di riemergere, se il fiato ormai è al termine”. Macabro al punto giusto fa intendere di una morte inevitabile, un “dolce” lasciarsi andare.

Continua MacMyc, il discorso ora sembra vertere su un suicida. Un ipotetico ultimo giorno “prima di lasciare un messaggio e poi volare altrove”. La faccenda alza l’asticella del macabro perché le barre che seguono sembrano proprio derivare da una persona che, arrivata all’ultimo, non ha più paura dell’atto del suicido ma di cosa accadrà dopo. Includendo come piacerebbe finire a lei.

Infine HellPacso, conclude questo primo pezzo “si chiude l’episodio col finale più tragico, ora che hai tracciato e sto varcando il cerchio magico”, qui viene detto non solo che quando arriva la nostra ora non si può fare proprio nulla ma che si oltrepassa qualcosa per arrivare ad altro. L’effetto di inquietudine qui è dato da due fattori principali: il non sapere per cosa si stia morendo (ci sono fattori discordanti o che comunque potrebbero far presumere una morte violenta ma nulla più) e, dal terrore procuratoci dal “freddo giungere della grande mietitrice”.

Passando a D.S.A. C.O.M.M.a.n.D.O. abbiamo notato un cambio di stile con un beat molto più energico, infatti siamo tornati al mondo terreno per un grido di odio perfettamente sensato che provoca e deride. Un’ubriaca follia che porta l’ascoltatore a passare dall’incupimento della traccia precedente ad un senso di odio rinnovato ripetendogli costantemente di come, in questo mondo, ci sia una guerra in atto. Una lucida ubriachezza contornata da droga aliena, sesso spinto ed alcool a litri.

Arrivando a Canaro si torna giù nel limbo, che questa volta è rappresentato dalla psiche de Il Canaro: un celebre assassino romano che in un raptus di follia uccise il complice di una rapina. Durante l’interrogatorio disse di averlo seviziato per diverse ore prima di ucciderlo. Qui il gruppo raccoglie quella rabbia sfogandosi ulteriormente e colpendo ancora più violentemente l’ascoltatore, la violenza però questa volta oltre che uditiva (il beat è proprio martellante) è anche verbale e concettuale. La seconda parte del testo invece è distesa da Masito che riprende il discorso sulla lotta interna che tutti viviamo e quella esterna che chi vive la strada affronta ogni giorno.

L’ultimo pezzo, Notte di sangue, è la chiusura perfettamente circolare di quest’album che lascia l’ascoltatore con il rituale per varcare il “cerchio magico”, quella soglia neanche troppo immaginaria dopo la quale c’è soltanto la fine. Molto interessante l’uso delle descrizioni in questo pezzo che portano a pensare ad un setting da B-Movie anni ’70 a tema satanico.

In generale il disco è una raccolta allucinata e completa di testi e sonorità volte al cupo e, per buona parte, all’aldilà.

Personalmente ritengo che questo EP sia tra le migliori uscite di quest’anno e che i DSA in questa loro nuova espressione artistica si siano mossi in maniera personale ed unica. Ma, sinceramente, già dall’intervista che gli abbiamo fatto non potevo aspettarmi altro, guardala qui.