nayt habitat recensione

In un Habitat di domande senza risposta, Nayt riprende il contatto con la realtà

Habitat di Nayt esce il 16 giugno, preceduto da un documentario diretto da Antonio Chiricò e dal singolo Provare qualcosa. L’album è l’ultimo di una trilogia: se il primo capitolo, Mood, è stato il punto di partenza per arrivare alla scoperta che i risultati raggiunti dal rapper fino a quel momento non sarebbero davvero serviti a renderlo felice, Doom aveva innescato una crisi, dovuta alla consapevolezza che, per quanto uno possa cercare di farlo, non può veramente controllare del tutto la propria vita. Cosa si può fare dunque? Habitat non cerca di rispondere a questa domanda, così come a tutte le altre esposte durante il disco, però serve a chiudere il cerchio: cosa viene dopo la crisi?

L’8 giugno 2023 esce Provare qualcosa, singolo che anticipa di una settimana l’uscita di Habitat, il nuovo album di Nayt. Già da quest’ultimo riusciamo a capire qual è il senso generale dell’album: “Chi sono io per gli altri senza la mia ombra?”, si chiede William Mezzanotte, dando il via ad una serie di domande esistenziali che si perpetueranno per tutta la traccia, senza darsi mai delle risposte se non parziali. “Cosa importa se non sai cosa ti circonda?”: è il verso successivo, un’altra domanda, la cui risposta, però, è di nuovo una domanda, “Mi ami o mi ammazzi?”. Sono versi ansiogeni con cui Nayt ci proietta in medias res nelle sue relazioni. Non sapendo più se fidarsi o meno, i suoi pensieri sono subito rivolti a minimizzare i danni di una storia che potrebbe finire male: “Il cuore come lo salvo?”, pensa tra sé e sé il rapper, incastrato in un rapporto all’interno del quale non sa il suo ruolo. “Mi chiedo chi sono per te, per lui, per lei”: l’ansia di decidere le parti genera senso di vuoto, è fonte di odio per William, lui che non trova il centro, il punto di riferimento a cui aggrapparsi, e quindi, in un certo senso, l’habitat nel quale vivere.

In tutto questo disordine, l’unico modo che Nayt ha per fare chiarezza è presentarci le sue idee in un video: il 13 giugno, infatti, esce il documentario del disco, che lo anticipa di pochissimi giorni ma ne definisce bene le intenzioni. Si va alla ricerca dell’habitat, del posto in cui si è, della propria natura piena di tutto. In altre parole, si percorre un viaggio per trovare il proprio posto nel mondo e di conseguenza arrivare alla comprensione di sé stessi, ed il motivo è lo stesso per cui viviamo, per cui ci emozioniamo e per cui proviamo sentimenti. È la natura umana che ci spinge a farlo: rifiutarsi varrebbe a dire abbandonarsi all’anomia generale, sopravvivere, ma senza essere vivi.

Un viaggio nelle fragilità, alla ricerca di un “romantico finale”

Il viaggio inizia con Fragile, traccia dal titolo già di per sé rivelatorio: “l’avresti detto, quello che ho adesso sembra fragile”, afferma Nayt nel ritornello, ritornando sul concetto di transitorietà delle proprie conquiste. “Sono nessuno senza chi mi ama”, il verso precedente è l’altra frase chiave, fondamentale per introdurre un topos ricorrente all’interno dell’album, il bisogno umano di essere amato per sentirsi completo, a cui nessuno può scappare, nemmeno William.

L’amore, però, può anche far male, e il rapper ce lo ricorda nella seconda strofa, quando domanda perché a chi, dopo averlo scaldato con le sue mani, gli ha strappato il cuore e le ali. In generale, tutto il pezzo serve come introduzione, ma il modo in cui lo fa è peculiare: “Vuoi fare l’artista? Vuoi essere solo? Vuoi affrontarne i suoi rischi, prendere il volo? Vuoi affondare nei fischi, reggere il crollo? Guardare nell’abisso? Provare ad essere un uomo?”. In una quartina di sole domande l’artista riassume a chi ascolta le paure legate al suo status. Questo suona come un monito per chi vuole ripercorrere i suoi passi, partendo però dalla consapevolezza che tutto ciò era ed è inevitabile, visto che è l’unica maniera possibile per sentirsi vivo.

Poste le basi del progetto, capiamo subito che non si tratterà di un album easy- listening: Guerra Dentro, parla di morte, ma con la consapevolezza che anch’essa fa parte della vita, allo stesso modo dell’amore, bisogno essenziale malgrado i suoi lati negativi, e della musica, di cui vengono criticate le dinamiche troppo impostate ed illusorie. La critica al mercato musicale, in particolare, costituisce anch’essa un tema: se il mercato “insegue i quattordicenni”, in Cazzi Miei Nayt ci ribadisce che i dischi per lui restano sempre al primo posto, e che ciò che ricerca non sono i soldi o la fama. “Ho i pezzi dentro al MacBook, ho soldi sul mio desktop. Ma in tutto questo il vuoto che ho nel petto non ha prezzo”, ci rivela in Tutto normale, raggiungendo già alla quarta traccia, seppur all’interno di una sorta di delirio causato da qualche tiro di troppo, una certa dimensione di consapevolezza riguardo a ciò che, nel suo habitat, conta davvero, che non a caso è il titolo della traccia successiva. Posta come domanda, si accompagna a numerose altre presenti all’interno della canzone: “Cosa ci siamo regalati ieri?”, “Se se ne vanno tutti, io chi sono? Chi sei tu?”, “Se mi guardi a fondo e … vedi dov’è il mostro, che ne fai di me?”. Sono tutte questioni che ci preparano a quella principale, il vuoto, compreso del senso di inadeguatezza, ansia e impreparazione che trascina con sé, e a farne le spese è Nayt, che per quanto cerchi di scapparne riempiendolo con l’amore, “Dentro pare che ho il mondo”. “Dov’è il mio posto?”, conclude il protagonista, ritornando sul leitmotiv dell’album ed introducendoci a Romantico finale, che finalmente ci approfondisce quella storia d’amore menzionata finora in tutti i pezzi, senza però arrivare al “finale felice romantico” del titolo, ma anzi aggiungendo ancora più confusione al tutto. “Ho dato il cuore ai tuoi occhi di ghiaccio, che cosa ci hai fatto? … Dov’è il mio posto? E io chi sono?”: le domande presenti nell’outro ci trasportano verso una constatazione amara che potremmo considerare funzionale a chiudere la prima parte del progetto: “Niente uccide come amare”. Un’idea, poi, si ricollega a quest’ultima ribadendo che, nonostante tutto, “Non scegli mai di chi innamorarti”, allargando lo sguardo non solo al rapporto conflittuale con la propria partner, ma anche all’amore verso sé stessi, non facile quando si sa chi si è solo quando si soffre e quando si ha paura di essere felici. Nonostante questo, Nayt è consapevole del suo potenziale e di quando esso incida sugli altri, d’altronde, come lui stesso si chiede, “perché dovrei ignorarlo?”. Si tratta di una consapevolezza forte, la stessa che l’ha aiutato a sconfiggere uno dei suoi mostri più importanti, quello rappresentato da suo padre, a cui ha dato il suo perdono. Mostro, quest’ultimo, che viene esorcizzato in Se ne va, traccia che suona come un tributo a FML di Kanye West e che riprende il concetto di trauma dell’abbandono, che se vissuto fin da piccoli e non curato, ritorna ogniqualvolta che si ama qualcuno, come se un ostacolo esterno si opponesse alla buona riuscita della relazione (“Non vogliono vedermi amarti”).

Ritornare a volare

Dopo Provare qualcosa, L’equazione è la traccia che funziona come interludio per avviarci verso la fine dell’album. Sono pochi versi, ma incisivi: “che cos’è che hai nascosto nel centro di te?”, si chiede Nayt, in cerca di una soluzione per l’equazione che, a leggere tra le righe, è il vuoto di cui si parla per tutta la durata dell’album. Soluzione, quest’ultima, che chiaramente non c’è, e la sua mancanza stimola un’ulteriore riflessione che si affianca ai numerosi quesiti già espressi: “cosa c’è di vero? … ora che i numeri ci ingannano”. Di chi fidarsi, dunque, ora che è appurato che si brancolerà nel buio ancora per molto, se non ci si può aggrappare alle gratificazioni materiali raggiunte con fatica? No More Drama, poi, aggiunge ulteriori elementi alla riflessione: “Sanno davvero chi sei oppure è una parte?”, si chiede Nayt prima di arrivare al ritornello, nel quale ritorna il tema centrale dell’interludio. “Se mi vedi, cosa vedi? … Cosa è vero e cosa no?”, ribadendo però che, nonostante un habitat ingannevole, lui resta vero, e non cederà a al gioco dei falsi numeri. Il rapper, infatti, segue la sua indole, la stessa che lo fa bruciare di passione per mantenerlo vivo e al riparo da un mondo che sente come opprimente e privo di scopi, se posto al di fuori del suo flusso di scrittura.

A questo punto arriviamo a Solo Domande, traccia che, una volta per tutte, mette nero su bianco quanto espresso in questi trenta intensi minuti di album: sia lui che l’ascoltatore cercavano delle risposte, ma Nayt non è in grado di darle, perché capace solamente di farsi domande. “Che cosa ho dentro? Sono onesto o mi idealizzi?”: è la questione chiave di questa prima strofa, che sembra rivolta principalmente a chi, appunto, cercava una soluzione ai suoi problemi esistenziali tramite questo disco, senza considerare che nemmeno William è un essere perfetto, ma anzi si porta dietro vizi e scheletri come tutti gli altri. La seconda strofa, poi, alza il tiro: entriamo sempre più all’interno di argomenti complessi, e di conseguenze di domande altrettanto complicate. “Cosa affronta una donna quando è vittima di violenze? In un uomo che l’ama cosa succede, cosa sente? Che terapia si applica a un dolore così grande? Come si può sostenere questo genere di domande? Il patriarcato è tiranno di tutti o solo delle donne?”, si tratta, com’è intuibile, di questioni di cui è difficile trattare in un contesto come questo. Nayt lo sa, e le usa come pretesto per poterne parlare liberamente, denunciando le dinamiche sessiste dell’habitat che descrive nei suoi testi, lo stesso in cui è cresciuto e in cui tuttora si muove, dove i temi legati alla salute mentale ed al maschilismo tossico sono trattati come tabù: “Con chi ne parlo? Fuori dicono di essere furbo, di essere forte, se esterni quello che provi sei debole oppure un pazzo”. Si tratta di un modo per fare i conti con le proprie colpe, pur essendo consapevole che nessuno sa come farlo, ma anche che nessuno, in realtà, lo vuole fare veramente.

Wertigini, infine, chiude l’album. Per farlo, Nayt ritorna all’introduzione del progetto, reinserendo all’interno dei suoi versi la metafora delle ali, le stesse che gli erano state strappate assieme al cuore, e che ora equipaggiano il rapper nel lungo viaggio verso la consapevolezza. “E se cado?”, si chiede William, non riuscendo ancora a darsi una risposta. Malgrado ciò, il giovane romano non riesce a stare fermo, ed è sicuro che la sua perseveranza lo porterà ad essere migliore. E’ questo, dunque, lo scopo di un progetto che dura da ben 3 dischi: Nayt, infatti, ha imparato a volare durante Mood, mentre in Doom ha capito che sarebbe inevitabilmente caduto, prima o poi. Habitat, in sostanza, è stato un modo per riprendere contatto con la realtà dopo avere perso le ali. Una volta terminata la terapia, William ha ricominciato a volare, e non ha intenzione di fermarsi.