CRAWLER degli Idles: la svolta del gruppo di Bristol

Nuovo capitolo per gli Idles: CRAWLER è la svolta stilistica della band di Bristol che forte dei suoi lavori precedenti può permettersi di ampliare la propria ricerca musicale.

Gli Idles sono quel gruppo che nel giro di tre album sono riusciti a farsi conoscere, aprire per gruppi come i Foo Fighters e riempire concerti senza scendere a compromessi di stile e di contenuto. Sono quel gruppo che affianca una energia sonora pazzesca a testi impegnati, attenzioni sociali e una profonda emotività che ora può permettersi di uscire senza paura. Questo perché un gruppo come gli Idles se lo può permettere eccome.

L’album è stato anticipato da due singoli che hanno difatti lasciato intuire un arricchimento di influenze musicali mai visto prima. The Beachland Ballroom, il primo estratto, mostra una performance vocale di Talbot senza precedenti in un pezzo soul a tutti gli effetti. Lo stesso Joe Talbot aveva sostenuto infatti che questa è la canzone più importante dell’album, quel pezzo che gli ha fatto pensare “siamo arrivati ad un punto in cui ci è effettivamente permesso di entrare in queste sale grandi ed essere creativi, e di apprezzare veramente quello che abbiamo“.

È proprio in questa ottica che va visto CRAWLER. L’album è stato registrato nel 2020 ed è stato co-prodotto dal chitarrista Mark Bowen e da Kenny Beats, per Partisan Records.
In un periodo in cui lock-down e chiusure varie ci hanno chiuso nella nostra comfort zone, gli Idles con questo album sono invece evasi dalla loro e hanno dato luce a sonorità nuove e maggiore attenzione introspettiva che accompagna le loro caratteristiche invettive politiche.

L’album si apre con MTT 420 RR: nessun inizio esplosivo come ci avevano abituati fino ad ora. Anzi, il pezzo è lento presenta addirittura un sintetizzatore, ma l’attenzione è attribuita al testo. Una linea vocale profonda ci introduce in un episodio biografico del leader: “It was February / It was cold and I was high”. Questa è infatti una delle caratteristiche principali di CRAWLER: l’attenzione introspettiva prende il sopravvento. Non aspettatevi infatti delle Danny Nedelko o The Scum in questo album. L’album inizia con questo interrogarsi sulla vita, passando per esperienze personali come When the Lights Come On, a una sorta di forzata accettazione di sé stessi e superamento del dolore in Crawl! e trova una degna chiusura con The End.

Car Crash, secondo singolo estratto, si presenta invece come un pezzo meno serrato rispetto ai soliti Idles e più noise. L’attenzione è posta ad uno speaking quasi rappato di Talbot e ad una linea musicale distorta e fortemente ritmica. Sarà che mi piacciono i Massimo Volume, sarà che questa cosa mi suona un po’ Slint, ma sta di fatto che il pezzo mi piace parecchio.

Non mancano momenti energici e serrati propri della band, come il glam rock di The Wheel, New Sensation, il manifesto alternative Stockholm Syndrome e lo sfogo grindcore Wizz. Merita una nota di attenzione Meds: quel sax è inaspettato e colpisce duro e il finale è davvero interessante, suona come una evocazione disperata.

Tirando le somme, potremmo dire che un gruppo come gli Idles, con tre album alle spalle come i loro, potevano benissimo adagiarsi su quel tipo di ricerca. CRAWLER, invece, è quel punto di svolta che rende la band ulteriormente interessante. È quell’album che fa pensare “wow, questo gruppo ha ancora molto da dire” e si mostra come un lavoro di transizione. In CRAWLER l’energia serrata della band continua e si arricchisce di nuove influenze sonore che gettano le basi per il futuro della band.

L’album mostra inoltre che quella rabbia posta nei testi della band può diventare benissimo una introspezione arrabbiata, o una rabbia positiva. Questo perché, nonostante ciò che viene raccontato dall’album, nonostante quello che viviamo tutti i giorni, “in spite of it all, life is beautiful”.