rap feat internazionali lazza sirio baby gang

Collaborazioni internazionali? Sì, ma no

Tory Lanez e French Montana sono due rapper statunitensi molto ascoltati e molto rispettati nel mondo rap e musicale in generale. Hanno in comune il fatto di aver partecipato come featurings in “Sirio”, l’ultimo album di Lazza, rispettivamente nei brani “Bugia” e “Puto”. Sono solo gli ultimi esempi di collaborazioni tra rappers italiani e stranieri: tuttavia nonostante i nomi grandi – a volte grandissimi – questi featurings non ottengono i risultati sperati.

Quella delle collaborazioni con artisti stranieri è una tendenza che si è sviluppata soprattutto negli ultimi anni: oltre al già citato Lazza, anche Sfera Ebbasta, Guè, Tony Effe e Capo Plaza tra gli altri hanno ospitato nei propri progetti grossi nomi della scena internazionale. Il rapper di Cinisello ad esempio ha collaborato con Future, Offset e J Balvin, Guè ha ospitato nel suo ultimo progetto Rick Ross, Tony Effe lo ha fatto con Gucci Mane e Capo Plaza ha duettato con Gunna e Lil Tjay. Con riferimento al rap europeo, gli artisti San Siro a Milano (tra cui Rondo, Sacky e Baby Gang) hanno una stretta connessione con il rapper inglese Central Cee e alcuni rappers francesi, uno su tutti Lacrim.

Oltre allo stupore che può destare la notizia di una collaborazione simile, è naturale chiedersi cosa c’è alla base di questi featurings: c’è un sano e disinteressato rispetto reciproco che spinge entrambi a voler rappare sulla stessa traccia? Oppure l’unica motivazione sono i soldi? Non è un mistero infatti che la musica sia un lavoro per tanti artisti e, come ogni altro impiego, è giusto che venga retribuito adeguatamente. Però si tratta pur sempre di arte, e come tale, dovrebbe nascere su presupposti che esulano il denaro o interessi puramente economici: dovrebbe infatti esserci una reale connessione tra gli artisti che collaborano alla stessa traccia. Nella maggior parte delle collaborazioni tra un rapper italiano e uno straniero (così come in molti featurings tra artisti italiani) manca questa connessione: il brano è dunque il risultato dell’unione di due contributi che vengono concepiti in modo separato.

Cosa si ottiene dunque? In molti casi viene fuori una canzone di qualità ottima ma che è povera di uno spirito vero e proprio, a causa della mancanza di sinergia di cui parlavo poco prima. Spesso manca l’anima della canzone perché fatta solo per soldi. Numeri alla mano, a parte qualche rara eccezione (vedi “Baby” di Sfera Ebbasta e J Balvin), questi brani vengono ascoltati meno di altri che vedono solo l’artista protagonista o altre collaborazioni italiane. Questo avviene non perché l’artista internazionale non sia bravo o perché non è abbastanza conosciuto dal pubblico italiano, ma perché spesso si tratta appunto di brani meno interessanti di altri.

Nonostante ciò, questo tipo di collaborazioni potrebbero essere un buon modo per gli artisti italiani di creare connessioni con i colleghi che si muovono in altri ambienti e in altri mercati. Sarebbe ottimo però se si creassero delle collaborazioni quanto più possibile disinteressate e genuine: sono sicuro che avrebbero un’anima esistente che verrà sicuramente apprezzata dal pubblico.