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Dope Boys Alphabet pensiero (a) freddo

A tutti è capitato di appassionarsi a una serie, come a tutti è capitato di passare dallo stato semi-indifferente nei confronti di quest’ultima fino al rimanerci definitivamente sotto. Prima, seconda, terza e avanti fino alla settima stagione poi il nulla, ti tocca aspettare, per mesi se non un anno intero o due, magari tre, poi quasi te ne dimentichi e inizi altro, con noncuranza quella attesa si affievolisce, facendo comunque diventare quel capitolo una parte di te, forse perché non era solo intrattenimento, forse perché quei contenuti hanno saputo cambiare qualcosa nel loro piccolo. Ma poi succede, dopo un lasso di tempo che non sai definire esce l’ottava stagione, vedi il trailer, ti sale l’Hype e la cosa da fare è una sola. Ricominciare da capo tutta la serie, dalla prima puntata, per non dimenticare neanche un frammento di storia e di pelle d’oca che ti ha portato fino a qui.

Ecco, se gli album di Noyz Narcos e del famigerato Truceklan fossero stagioni e le canzoni puntate, Dope Boys è l’equivalente di un devastante “Previously on…” a caratteri cubitali nell’intro dell’album che è uscito questo gennaio firmato Noyz e cricca.

Onnipresente Night Skinny alle basi, Gemello, Metal Carter, Ketama 126, Franco 126, Luchè, Coez e Speranza sono alcuni dei nomi che vanno a comporre questo album che in fondo al cuore speriamo tutti non sia un final season.

Tutta la storia parte dalle fondamenta, diversi cani sciolti nella metropoli di Roma Capitale che si incontrano fuori dal pub di fiducia, dopo qualche pinta, a fare freestyle, ma un freestyle diverso, più tetro e cupo, dove non ci sono termini cari alla scena Hip Hop nazionale dell’epoca, come dare dello “Scrauso” a un ipotetico nemico, no nulla di tutto questo, ci sono boschi oscuri, leggende di quartiere, zombie, scenari raccapriccianti e una realtà raccontata a colpi di accetta.

Questo attira e sconvolge allo stesso tempo il pubblico che pian piano si stanno creando. Ma ad un certo punto arriva quello che si può chiamare un giro di boa da cui non si torna più indietro

Ovvero il festival “2 The Beat”, crocevia delle realtà underground nostrane dei primi anni duemila, dove la cosiddetta crew del male si presenta in assetto da guerra portando Gel come sacerdote e ghiacciando il pubblico con la rima inerente al fatto di cronaca di Tommaso Onofri, il seguito da fischi e interruzioni da parte del pubblico si protrae per tutto lo show, ma quella che sembra una rima andata un pò troppo fuori dai canoni del “Politically incorrect”, in realtà sarà la prima solida pietra di questa asse romana e il suo futuro culto

Per poi dare inizio a un ciclo di tour e pubblicazioni che ha fatto tremare il paese con il proprio linguaggio e attitudine. Che ha radicalmente cambiato il panorama rap della penisola, influenzando buona parte di ciò che sarà prodotto in futuro

Il tutto magistralmente raccontato da chi quelle scena l’ha vissuta, creata o anche solamente accarezzata, dalle immagini riprese dallo stesso Noyz e dalla sua inseparabile telecamera che si portava dietro come se sapesse che quelle cose dovevano essere necessariamente documentate, che fosse il ritorno in macchina post concerto o le riprese fatte nella sala prove ricavata da uno scantinato di un negozio , non importa perché sono pezzi fondamentali che lo spettatore ha la possibilità di mettere insieme e realizzare il puzzle di tutta questa storia.

Per rinfrescare le puntate precedenti e godere delle prossime.