“Botox” è l’upgrade di Night Skinny

Ventuno tracce, un’ora e nove minuti di durata, più di 40 artisti e un solo produttore: questi sono i numeri di Botox, il nuovo album di Night Skinny. Uno degli storici registi del rap italiano è tornato con nuovo imponente progetto che fotografa bene la scena rap attuale. 

Introduzione

Ammetto che quando ho letto la tracklist di quest’album sono rimasto un po’ spiazzato: infatti oltre ai nomi che tutti si aspettavano di trovare all’interno del progetto (ad esempio Noyz Narcos, Luche o Rkomi), ce ne sono alcuni che hanno sorpreso la maggior parte del pubblico, come Ariete, Gaia o Drast. Ascoltando tutte le tracce di Botox, tuttavia, sono stato contento di ricredermi: questi artisti impensati e impensabili fanno bene la loro parte nell’opera complessiva. Perché il disegno di Night Skinny è – in questo album – più ampio di quanto non fosse prima: non è solo un album puramente “rap”, perchè all’interno ha incluso moltissime sfumature che lo rendono originale, variopinto e fighissimo.

Le produzioni

Passano gli anni ma Skinny rimane sempre Skinny: in tutte le tracce si sente distintamente il suo stile, il suo tocco e la sua impronta. Una delle maggiori qualità di questo disco è che sono stati i 40 artisti ad adattarsi allo stile del produttore, che è riuscito a mantenersi coerente con la sua musica. Nonostante questa forte riconoscibilità, tuttavia, Botox rappresenta un passo avanti e un’evoluzione rispetto ai lavori precedenti del produttore molisano. Come detto anche già in precedenza, si è aperto ad altre sonorità più morbide, come ad esempio nelle tracce Come mi guardi o Così non va (inoltre la traccia che apre il disco, Fake con Geolier e Luche, è stata suonata da un’intera orchestra). Non mancano comunque episodi “classic-rap”, come Prodotto, DedicationMillesimati, che confermano ulteriormente la capacità di rappare e fare rap dei loro protagonisti.

I quaranta artisti

La qualità delle produzioni di Night Skinny non è mai stata messa in discussione: lo è stata invece quella di alcuni artisti che hanno partecipato al progetto, sopratutto di quelli che normalmente non gravitano attorno all’ambiente rap. Inoltre la tracklist ha mostrato alcuni featuring facilmente intuibili, come ad esempio Geolier e Luche o Ketama126 e Franco126, e altri assolutamente imprevedibili (vedi Guè e Baby Gang o Mahmood e Gazzelle con Ernia e Rkomi). Ritengo però che anche questo “azzardo” sia stato ripagato, perchè anche le collaborazioni inaspettate sono risultate all’altezza delle altre. Botox si distacca dunque dai precedenti lavori di Skinny (Mattoni e Pezzi) proprio perché risulta più originale e innovativo: oltre ad aprirsi a nuove sonorità, il produttore è riuscito a gestire e orchestrare bene gli artisti che aveva “a disposizione”. Alcune tracce hanno infatti degli ospiti segreti che rendono ulteriormente originale e diverso questo progetto (vedi Paky in Fake, Rkomi in Blessed e Ariete in Mezzanotte in punto). Ci sono inoltre alcuni scambi e sovrapposizioni dei diversi cantanti inaspettati: inda esempio in Come mi guardi Coez e Madame si alternano al microfono mentre in Coki Tony Effe, Noyz e Guè iniziano la propria strofa citandosi a vicenda. Come se non bastasse, Skinny ha avuto un’altra idea innovativa: per la posse track che conclude il disco, BTX posse, ha coinvolto un emergente sconosciuto (di cui non ha rivelato il nome al momento) inserendo una sua strofa alla fine della traccia.

Cosa non va

È originale, valido e innovativo: nonostante ciò non ritengo che Botox sia un disco perfetto. Come ogni altro progetto ha alcuni difetti che però non delegittimano il lavoro di tutte le persone che vi hanno lavorato: come ogni altro producer album, risulta disomogeneo dal punto di vista dei contenuti. Mentre infatti è molto compatto per quanto riguarda le sonorità, gli argomenti trattati da ciascun artista a volte risultano slegati dal contesto generale.

Album dell’anno?

In sintesi, Botox di Night Skinny è – anche dopo alcuni ascolti – un bel disco, molto denso pieno e di tecnica, attitudine e qualità, sia dal punto di vista della produzione che della parte cantata. Rappresenta una ulteriore evoluzione del produttore stesso e del rap italiano in generale, perché ha dimostrato ancora una volta che il rap non è un genere chiuso e autoreferenziale (o almeno non dovrebbe esserlo): si può infatti aprire a nuovi campi e svilupparsi in essi. Non possiamo ancora sapere se sarà l’album dell’anno (anche perché siamo solo a settembre), o se diventerà un classico del genere, ma possiamo sicuramente ascoltarlo più volte per coglierne più sfumature e sfaccettature possibili. Che comunque risultano tante e tutte entusiasmanti.