Tedua: Mowgli è cresciuto senza regole

Il figlio della giungla è cresciuto, Tedua è cresciuto. È uscito dall’Orange County di qualche anno fa e si è evoluto rinunciando all’autocelebrazione dei primi lavori per raccontarci la vita del suo gruppo di amici, il percorso che li ha portati a prendersi il benessere, la ricchezza e il riconoscimento che gli sono sempre stati negati per la sola colpa di essere nati in un quartiere popolare.

Con Mowgli Tedua ci trasporta nella giungla urbana di Cogoleto e della periferia milanese, la prima la sua patria nativa la seconda quella adottiva, raccontandoci tutte le difficoltà che un giovane dei quartieri popolari si trova ad affrontare, scappando da “gazzelle e pantere”, evitando di cadere nel giro dello spaccio in una zona “in cui l’istituzione lascia gli abitanti alla legge del più forte”. Sempre con la voglia di riscatto di arrivare, con la propria arte, dove tutto luccica.

Ascoltando il disco si sentono la rabbia e la determinazione crescere col passare delle tracce, portando la drill/trap di Tedua a toccare quasi vette di un rap hardcore che, con l’uso dell’autotune ridotto al minimo, ha un sapore quasi vintage. Il flow subisce questa influenza con altrettante sterzate drastiche passando da pezzi quasi cantati a metriche serrate.

In coppia con Chris Nolan, il suo producer di fiducia, Tedua ci porta in un viaggio musicale che si snoda da suoni tribali con influenze al limite dell’ambient per poi virare bruscamente su sonorità più tipicamente trap profonde ed inquietanti, proprio come se fossimo nella tranquillità della giungla e all’improvviso un ruggito rompesse la pace. Potrebbe essere il ruggito dello stesso Tedua che arriva a risvegliare la scena rap e si va a prendere tutta questa giungla.

Insomma la coppia si è affinata raggiungendo una simbiosi che in Italia è stata raggiunta solo da Sfera Ebbasta e Charlie Charles, le punte di diamante della trap italiana.
Tedua e Chris, il primo con le parole, il secondo con i suoni, riescono a mantenere per tutto l’ascolto il concept dell’album portando un pezzo di giungla indiana nella costa genovese, dove le palme sono palazzoni popolari, i fiumi sono strade e le belve feroci hanno le sirene.

Arriviamo al punto più discusso, la croce che Tedua si porta da quando ha iniziato: non va a tempo. È un dato di fatto, molte volte la rappata sfora, ma come sbagliano i puristi che lo criticano sbaglia anche chi vuole giustificarlo a tutti i costi, negando l’evidenza o sostenendo che le chiude chissadove: il punto non è questo. Tedua è un bambino cresciuto selvaggio, senza l’obbligo di stare alle regole della “civiltà hip hop”, ed è proprio per questo che ha avuto la grinta e la spontaneità necessarie per emergere.

Mowgli è un album completo nella sua totalità, liricamente, musicalmente e narrativamente, in una parola: artisticamente. Parla di una realtà odierna, parla di tutto ciò che il rapper è riuscito a conquistarsi con i suoi sforzi e con l’aiuto della sua famiglia allargata, la sua crew, la Wild Bandana; senza dimenticarsi di condividere tutto ciò che ha ottenuto con i ragazzi del suo quartiere lanciando un messaggio a tutte le periferie d’Italia. Poco importa se la scrittura va fuori dalle righe, fuori dai canoni o fuori tempo: Tedua sa stare sul beat.

Per la sua capacità di costruire un progetto convincente sotto ogni punto di vista pur andando contro le regole codificate Tedua può essere considerato un rapper d’avanguardia, uno che distrugge tutti i preconcetti della scena, creando qualcosa di nuovo e forse tecnicamente grezzo ma che possiamo definire, comunque, arte.

Non fatevi frenare dai purismi: ascoltatelo e fatevi trasportare da un viaggio musicale assicurato.