Ci sono posti in cui non andresti mai in vacanza, luoghi così caldi ed affollati da essere invivibili.
No, non sto parlando della riviera romagnola, ma dell’inferno. Con Vacation In Hell, il secondo album dei Flatbush Zombies uscito il 6 aprile, la crew di Brooklyn offre una lunga e rilassante crociera nell’Ade in 19 tappe.
Non c’è selva oscura da cui partire; tra cori sinistri e synth le porte dell’inferno si schiudono già nel primo brano, HELL-O. Nella seconda canzone, Chunky, possiamo sentire un soave canto che ci rassicura a proseguire: sarà una lontana Beatrice o la trappola di una sirena?
Ma niente panico, se ti ci portano gli Zombie anche l’inferno può essere un bel posto: Vacation con Joey Bada$$ ne è la dimostrazione. È proprio la loro zona, Flatbush, all’interno del distretto di Brooklyn, che li lega a questo giovane prodigio che hanno visto crescere.
In questo pezzo i Flatbush Zombies ci danno il benvenuto nel loro inferno e a questo punto è il momento di fare le dovute presentazioni. Il trio è formato da: Meechie Darko alias Dirt Cobain, faccia scavata, rastoni e voce rauca che fa tremare anche i satanassi; Zombie Juice ovvero quello con la barba ed il flow; ed Erick Arc Elliot, rapper e soprattutto producer della crew, rasta lunghi ed animo hippie.
Traghettati nell’ade dai beat di Erick “The Architect” iniziamo a scendere più in basso nei gironi e dopo M. Bison arriviamo a Headstone, una delle tracce più fighe del disco: “Metti il nome del tuo rapper preferito su una lapide” dice il ritornello mentre il beat ti preme sul collo proprio come una pietra tombale. Tutto il testo è un susseguirsi di citazioni e punchlines sulla storia dell’hiphop, giusto per fare un esempio “It was written in the children’s story, that life’s a bitch” (tre brani storici di Nas in una barra).
La discesa infernale prosegue con i featuring con A$AP Twelvy e Bun-B fino ad arrivare a Facts, insieme a Jadakiss: una rabbiosa lista di accuse alla nuova scuola, lanciate proprio da chi ha sempre ricercato l’innovazione mantenendo memoria e rispetto per la propria cultura.
Attraversata la jungla inquietante di Ask Courtney approdiamo in una piccola oasi, Crown, in cui veniamo accolti da cori angelici dei Portugal The Man. ll miraggio però dura solo cinque minuti e con Proxies ritorna tutta la fanfara infernale con tanto di dies irae; quando tutto sembra andare per il peggio però ecco che arriva il soave canto di Dia in U&I ed il calore degli inferi si fa una tiepida brezza .
Ormai ci siamo ambientati, la vacanza può davvero iniziare: ci beviamo un bicchiere di vino davanti alle fiamme dell’ade con Dave B e una chiacchieratatra i dannati con Nyck Caution della Pro Era (crew che insieme agli Underarchievers ed i Flatubush Zombies forma il movimento Beast Coast). Non ci resta che metterci sulla sdraio e lasciare che Lucifero ci abbronzi per il resto del disco.
Insomma ci siamo presi talmente bene all’inferno con Meech, Juice e Arc che quando gli angeli sono venuti a recuperarci in The Glory quasi non volevamo più andarcene.