Liner, nome d’arte di Stefano Sciuto, torinese classe 1999 ha iniziato a fare musica prestissimo. Scrive barre da quando aveva 15 anni e, a 17, inizia a girare l’Italia aprendo i live show di nomi di punta come Nitro, Ghali, Ernia, Mostro, lowlow e altri, affinando tecnica e attitude sul palco.
Adesso di anni ne ha 22 (appena compiuti, peraltro!), e ha alle spalle una carriera completamente indipendente che, come ha lui stesso spiegato, gli permette di avere il controllo su tutti gli aspetti che riguardano la sua musica e il suo personaggio.
Dopo mesi di assenza sulla scena, Liner è tornato con Blocchi, il nuovo singolo disponibile su tutte le piattaforme streaming. Un brano sorprendentemente maturo e a fuoco che trae ispirazione da tutti quei limiti e blocchi mentali (spesso anche autoimposti), che tutti noi sperimentiamo nel corso della vita.
Qualche sera fa ho raggiunto Liner telefonicamente: se vi va, potete continuare a leggere della nostra piacevole chiacchierata.
Ciao Stefano, rompiamo il ghiaccio con la domanda più banale di tutte: come te la passi?
Abbastanza bene, ti dico. Anche se ovviamente tutta la situazione del lockdown e della pandemia non è sicuramente facile un po’ per tutti.
Avrei una curiosità. Magari questa domanda te l’avranno fatta in mille, ma perché il nome Liner?
La domanda ha senso perché mi rendo conto che, leggendo il nome Stefano Sciuto, il collegamento non è lampante.
Allora, prendi il nome e dividilo in due parti: la prima è “line”, linea in inglese, per il fatto che sono sempre stato molto magro e alto, tanto da paragonarmi a una linea.
E poi “r”, che sta a simboleggiare la r moscia: una sorta di problema di dizione che, durante l’adolescenza, facevo fatica ad accettare. Ho addirittura fatto logopedia per cercare di toglierla, ed è andata a finire che l’ho solo diminuita.
Da qualche giorno è disponibile sulle varie piattaforme il tuo nuovo singolo Blocchi. Ho letto che questo brano prende il nome dal famoso “blocco dello scrittore”. Qual è il tuo rapporto con la creatività?
Il brano prende spunto dal blocco dello scrittore ma poi non parla di quello. Il non riuscire a scrivere è stato sicuramente un input per dare il via alla canzone. Per “blocchi” alludo ai blocchi mentali, emotivi, psicologici… Credo che ognuno, al giorno d’oggi abbia la sua.
A livello creativo, scrivo quello che vivo. Ci sono periodi in cui magari non riesco a trasformare le giornate in scrittura e la cosa mi fa andare abbastanza in down, ti dico la verità… Ma in qualche modo riesco sempre a trovare il modo per uscirne. Non si tratta di una condizione che dura troppo.
È chiaro, tuttavia, che quella che stiamo vivendo al da ormai un anno a questa parte non è definibile “vita reale”, ma si spera finisca presto.
Sei un artista completamente indipendente. Quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a perseguire questa strada, nonostante tu sia nel game da tempo?
Io continuo molto umilmente a definirmi artista emergente, perché per me non si è più emergenti solo dal momento in cui i tuoi brani ottengono sempre certificazioni.
Continuo a restare indipendente, in primis, per una questione caratteriale: di indole tendo a fidarmi molto poco delle persone, per cui non riesco ad affidare la mia arte ad altri. Devo sempre avere il controllo della situazione. Questo però non vuol dire che non firmerò mai per nessuno, ma solo che per il momento è così. Tutte le proposte che mi sono state fatte le ho declinate perché ritengo che questo non sia il momento giusto per me.
Questo atteggiamento di diffidenza deriva dal fatto che sono sempre stato abituato a fare le cose da solo: nessuno mi ha mai dato una mano, per cui mi rode da un certo punto di vista dover affidare delle cose a qualcun altro quando so benissimo che, per ora, riesco a gestirmela da solo.
Quali sono i pro e i contro dell’essere totalmente indipendenti nel sistema dell’industria musicale italiana? Ti sentiresti di consigliare questo percorso chi vuole darsi una possibilità nel mondo della musica?
Beh, sicuramente un aspetto negativo riguarda il budget. Quando sei sotto etichetta discografica, in termini economici, ti viene offerto di più rispetto a quello che tu personalmente potresti investire.
Però è anche vero che essere indipendenti significa non avere vincoli: decidi tutto tu.
Se vuoi uscire con una canzone il giorno dopo lo puoi fare! Dal mio punto di vista la cosa che conta di più è poter avere il controllo delle mie cose.
È una strada che consiglio a chi ha voglia di fare, di mettersi in gioco e, ovviamente, a chi è consapevole che non è facile. Anch’io mi sono preso le mie batoste… Anzi, forse sono più le batoste che le vittorie. Però poi, quando riesci ad ottenere un certo risultato, non c’è sensazione più appagante del dire “sono arrivato qui solo grazie a me”.
Ci vuole tanta fortuna, tanto talento e, soprattutto, bisogna avere delle belle idee.
In questo specifico periodo storico, il rapporto con il pubblico passa prevalentemente attraverso il mezzo social. Qual è il tuo rapporto con i social network? Segui delle strategie o, in virtù del tuo essere indipendente, sei quanto più spontaneo possibile?
Fino a poco tempo fa non parlavo nelle Instagram stories. La mia voce “parlata” non si sentiva mai. Questo perché ritenevo che, per un artista big, mostrarsi in viso e comunicare potesse rivelarsi più utile mentre nel mio caso, ritengo che ad arrivare dev’essere la musica più che le cose che dico al di fuori del campo artistico.
Quindi se ho qualche annuncio importante da fare lo scrivo, chiaramente sempre cercando di studiare come comunicare in maniera minimale ma d’impatto, pur non esponendomi più di tanto.
Solo recentemente ho iniziato a fare qualche storia parlata, ma sempre inerente l’arte e la musica. Sono una persona molto cinica, non riesco a parlare di cose che non mi competono.
In molti ritengono che la scena rap/trap sia sostanzialmente satura: dacci tre motivi per cui, chi non ti conosce, dovrebbe ascoltare un tuo pezzo.
Premetto dicendo che non pretendo di piacere a tutti. Per cui questi “motivi” possono essere letti ma non devono tramutarsi in un dictat da eseguire.
Il primo motivo è sicuramente la trasparenza: nelle mie canzoni descrivo momenti cruciali, difficili, introspettivi della vita di tutti. Argomenti di cui non sempre è facile parlare.
Secondo perché, oltre alla r moscia, ritengo di avere un timbro diverso rispetto ai rapper che ci sono.
La terza motivazione è perché penso di scrivere molto bene.
Non voglio risultare arrogante con queste parole, ma credo che il mio metodo di scrittura (molto retorico e costruito su una serie di punchlines), sia molto d’impatto, caratterizzato dall’utilizzo degli opposti, delle contraddizioni tra una barra e l’altra.
Con quale artista italiano ti piacerebbe collaborare in futuro?
Mi fanno sempre questa domanda e io non rispondo mai. Lo faccio ora dai, e ti do questa sorta di scoop se così possiamo chiamarlo (ride, ndr).
Sicuramente Marracash ed Emis Killa sono per me dei pilastri. Non che gli altri non lo siano, ma questi due artisti hanno fatto parte della mia adolescenza e sono cresciuto con le loro canzoni.
Oltre a loro, direi Ernia e Madame.
Come è stata la tua esperienza con il mondo della musica live? Ti va di raccontarci il momento più emozionante che porti nel cuore?
Ho iniziato a fare live da quando avevo 15 anni. Ho aperto molti concerti a Torino, a Milano, a Roma, anche di artisti importanti della scena tra cui Nitro, Gionny Scandal, Ghali, Ernia, lowlow, Mostro… Questi live mi hanno dato molto in termini di esperienza, mi hanno insegnato a muovermi sul palco, a capire in cosa potessi essere carente e quindi a migliorarmi.
Ho due momenti live che, in particolare, ricordo sempre con piacere.
Il primo è l’opening del concerto di Nitro nel 2015 a Nichelino, dove il pubblico (c’erano circa duemila persone), non mi conosceva per niente e avevo paura di non piacere. Dopo aver suonato 3-4 pezzi erano tutti fomentati e contenti della mia presenza. Mi sono sentito come
se avessi in qualche modo “conquistato quelle persone”, è stato bellissimo.
La seconda esperienza live più bella è stata l’ultimo live che ho fatto qui in casa, a Torino, in occasione della presentazione del mio disco, Brillo, a Dicembre 2019. Era da tanto che non facevo un live, era da tanto che non pubblicavo qualcosa di nuovo ed è stato commovente ed emozionante vedere un centinaio e qualcosa di paganti che erano lì per me, nonostante tutto.
Ti faccio un’ultima domanda un po’ particolare. Ti va di consigliare ai nostri lettori una serie televisiva e un album che secondo te può essere d’ispirazione in un momento come questo?
Sono un enorme fan di Prison Break: è la prima serie tv che ho visto in vita mia, per cui ci sono davvero legato. Secondo me molti ragazzi non l’hanno vista e dovrebbero davvero recuperarla.
E poi ti nomino due album: Vile Denaro dei Club Dogo, (che tutti gli amanti del rap dovrebbero ascoltare), e Persona di Marracash.
Grazie mille per il tuo tempo, sei stato stra carino e disponibile. Buona fortuna per tutto!
Ci mancherebbe, grazie a te, a presto!
Marta Verì
Futura 1993 è il primo network creativo gestito da una redazione indipendente. Cerca i
nostri contenuti sui magazine partner e seguici su Instagram e Facebook!