Time & Space: la scena ha bisogno dei Turnstile – Recensione

Il 23 febbraio è uscito l’album forse più attesso di questo inizio anno per tutti gli amanti dell’hardcore. Stiamo parlando di Time & Space, ultima fatica dei Turnstile, band di Baltimora che nell’ultimo periodo sta conquistando i favori della scena punk mondiale.

Già dopo un paio di EP e in particolare con il primo LP datato 2016, ovvero Nonstop Feeling, i Turnstile erano entrati a gamba tesa nella scena proponendo un sound totalmente diverso e fresco, personalissimo e caratterizzato da tantissime influenze diverse, come l’hip hop e l’attitudine alla Beastie Boys, il rock e il jazz.
Questo ultimo lavoro era atteso dai fans come la loro consacrazione nel mondo della musica underground, la prova di maturità della band. E devo dire che ci sono riusciti in pieno.

In una scena hardcore che spesso ristagna e produce lavori tra loro simili e per nulla innovativi, i Turnstile procedono nella direzione opposta, cercando di fondere l’hardcore ad altri generi senza snaturarlo, cercando di trovare una soluzione innovativa e moderna.
In questo album contenente 13 tracce per un totale di poco meno di una mezz’oretta troviamo i Turnstile all’ennesima potenza, il basso produce giri da paura e l’alternanza di riff di chitarra veloci e stridenti con altri lenti e pesanti crea stacchi incredibili in cui stare fermi è impossibile. E per me la recensione di un disco del genere si potrebbe pure chiudere qua, perchè ci troviamo davanti e uno dei prodotti più belli degli ultimi anni per quanto riguarda questa scena musicale. Ma c’è qualcos’altro da aggiungere andando più nel profondo.

Credo personalmente che la fortuna dei Turnstile sia quella di trovare un buon compromesso nel proprio sound, mi spiego meglio: Yates e soci riescono nell’impresa di unire sound di band storiche e portanti della scena come Rage Against The Machine, Inside Out e Cro-Mags a elementi che di base non centrerebbero nulla, come il già citato jazz, interludi R&B, bridge presi dalla musica psichedelica e un numero molto ampio di melodie che li fanno uscire totalmente dagli schemi.
Ma a renderli unici è anche l’attitudine che dimostrano, la voglia di rompere gli schemi, dimostrata ad esempio dalla scelta di accompagnare in tour la pop-punk band New Found Glory, che di hardcore ha davvero poco e che, sicuramente, ai puristi dell’hardcore ha fatto storcere il naso.


Photo by Jörg Baumgarten of Kuckuck Artwork

Spero che una band come i Turnstile e l’etichetta da loro fondata, la Pop Wig (che vanta nomi veramente interessanti a mio parere come gli Angel Dust e i Razorbumps) possano convincere questi fantomatici puristi che l’unico modo per far sopravvivere questa scena è quello di aprirsi e di innovare, coinvolgendo sempre più giovani, ed evitando quello che ora quasi in tutto il mondo è la normalità: ovvero un raduno di cinquantenni attempati ai concerti che, per carità, possono dare tanto alle nuove generazioni, ma queste, prima di tutto, vanno trovate e portate dentro, e farlo con suoni vecchi di 30 anni non sempre funziona.

Insomma, per chi è stanco della solita roba o chiunque abbia voglia di ascoltarsi qualcosa di nuovo è caldamente invitato e procurarsi questo disco, che dà nuova linfa vitale a un genere musicale che negli ultimi tempi fa fatica a produrre innovazioni. Certo, non è questo il disco della rivoluzione, ma certamente è un buon inizio per produrre novità. Dobbiamo fidarci dei giovani.