È arrivata circa un anno fa in Italia, grazie alla lodevole iniziativa di Cononino Press, la graphic novel Palepoli di Usamaru Furuya.
Stiamo parlando di una delle opere più innovative nel variegato mondo manga del Sol Levante, che si è ritagliata un posto di rilievo tra le novità più interessanti degli ultimi anni per la grande cura formale e per la proposizione di un racconto sperimentale che l’ha fatta paragonare a un’opera mondo.
La definizione come noto è ripresa dal titolo di un famoso saggio del prof. Franco Moretti che aveva individuato alcune opere della tradizione romanzesca capaci di proporre una visione universale ambiziosa ed enciclopedica.
Furuya riesce a conciliare la passione per il disegno, derivata dalla sua formazione di diplomato all’accademia di Belle Arti con una specializzazione in pittura ad olio, con la cultura pop. Animato da una furia creativa che lo trascina in un desiderio iconoclasta e dissacrante, Furuya propone un lavoro carico di citazioni, capace di giocare con il lettore proponendogli una grande varietà di letture possibili.
Infatti, Palepoli spazia tra la citazione delle opere della pittura rinascimentale, in particolare quella italiana, cioè una delle più elevate vette formali della tradizione artistica occidentale, con i fumetti dediti al semplice intrattenimento. Senza tralasciare il rimando alla cultura pop, a quella di strada e all’estetica pubblicitaria. Il tutto proposto nella semplicità di tavole divise in quattro, in cui si alternano racconti che da una parte possono essere letti in maniera indipendente, dall’altra vanno a comporre i tasselli di una narrazione che ha nel gusto della dissacrazione il suo punto di arrivo.
Evidenti sono i rimandi al romanzo post moderno. Pensiamo soltanto al gusto per il racconto enciclopedico, per le citazioni disseminate lungo le pagine che permettono un grado di lettura più cerebrale, che serve insomma a soddisfare i palati più raffinati. Il manga di Furuya è un capolavoro da questo punto di vista, con una serie di note a piè pagina che permettono di cogliere l’enorme mole di rimandi ad altre opere che sono disseminate lungo le pagine. Ovviamente il confronto con la tradizione giapponese è quello più presente. Troviamo infatti riferimenti alla produzione di autori come Osama Tezuka, il padre dei manga, Moto Hagio, Takashi Nemoto e Suehiro Maruo, ripresi in modo da ridefinire la tradizione manga nel senso della parodia.
Viene in mente, per fare un riferimento letterario, uno dei testi decisivi dei nostri anni, uno dei monumenti della cultura contemporanea. Parlo di Infinite Jest, la cattedrale post modernista costruita da David Foster Wallace per rilanciare l’ambizione dell’arte romanzesca che andava affievolendosi nelle secche del minimalismo. Già dal titolo Wallace compie un’operazione che ricorda da vicino l’estetica colto parodistica di Palepoli. Infatti Infinite Jest è sia una citazione di una delle opere centrali, l’Amleto, di Shakespeare, collocato dal grande critico Harold Bloom al centro del suo “Canone Occidentale”. Allo stesso tempo la traduzione nella nostra lingua potrebbe essere più o meno quella di “Scherzo Infinito”. Appare chiara allora la parentela e l’unità di intenti tra due autori, entrambi cresciuti negli anni ottanta in cui l’estetica pop e quella televisiva prendevano il sopravvento raggiungendo uno dei punti apicali del loro sviluppo. Furuya al pari di Wallace tenta di rinnovare la tradizione del proprio paese, nel suo caso il Giappone in cui i manga hanno raggiunto un tale livello di successo e artisticità da essere poi esportati nel mondo. Due tradizioni insomma, quella manga e quella del romanzo statunitense che sembravano dormire sonni tranquilli producendo opere, anche importanti e significative, quasi per inerzia.
Ecco allora la necessità, che in Palepoli trova il suo sfogo, di porsi dalla parte dell’incendiario, tentando un rinnovamento dall’interno, usando le armi dell’ironia e del registro surreale. Tutto questo per ricercare un cortocircuito culturale, un disorientamento del lettore che si ritrova ad interrogarsi sulla direzione che sta prendendo la sua lettura.
Furuya cerca nuove strade del racconto, nuove forme espressive prendendo in prestito l’impalcatura precedente ma allo stesso tempo muovendosi in un terreno che se pur conosciuto risulta estraneo. Una scommessa irriverente e spericolata la sua, che visto l’esito risulta pienamente vinta.