Il focus di oggi combina musica e mito, o meglio: parla di una musica le cui fondamenta sono state poste da un mito postmoderno, ma potremmo anche dire che si sono dati forma a vicenda.
Parliamo di Drexciya, il duo di Detroit che, oltre a rimanere negli annali per delle produzioni semplicemente incredibili, ha anche creato attorno al proprio nome una leggenda che ne sapesse esprimere il portato e l’ideale politico.
Il duo americano formato da James Stinson e Gerald Donald, e scioltosi nel 2002 per la morte del primo, si collocherebbe da una parte nel solco di una tradizione di artisti che utilizzarono un’immaginario di stampo afrofuturista per affiancare le proprie produzioni, cosa che avevamo visto anni prima con artisti come Sun Ra. Dall’altra il nostro duo aveva prodotto le prime uscite proprio con Underground Resistance, allora capeggiata da Jeff Mills, Mike Banks e Robert Hood, e avente come elemento comune una certa attitudine militante alla techno. Infatti rispetto alla prima ondata techno (vedi artisti come Derrick May o Kevin Saunderson) questi artisti, erano profondamente volti ad osteggiare il potere e lo stato con la propria musica.
D’altronde i punti di riferimento erano cambiati, non più il funk ma industrial ed EBM, e con loro anche il contesto americano, che specialmente in ambito hiphop aveva metabolizzato questa attitudine anni prima. Tuttavia quello di Drexciya fu un caso singolare, poiché sia l’elemento d’antagonismo, sia lo stile musicale, trassero le basi dalla creazione di un mito che fece da filo conduttore per tutti gli anni della loro carriera.
La leggenda vuole che durante la tratta degli schiavi molte donne furono buttate in mare ancora incinte, ed i loro bambini nacquero in acqua imparandovi a respirare ed a vivere, costruendo la propria civiltà, le cui strutture sociali e politiche superavano quelle classiche dello stato nazione.
Inoltre la società drexciyana privilegiava il meticciato e una cultura che fosse ibrido tra le diverse forme di vita che abitavano l’Atlantico Nero, con cui del resto si spostarono attraverso i mari, fino a colonizzare porzioni di superficie terrestre.
Illustrazione di LVME
Ogni album è una tappa del percorso storico del mito drexicyani: ad esempio The Quest, del ’97, conteneva al suo interno una mappa dove venivano illustrate le diverse tappe della storia di Drexicya, partendo dalle origini ovvero la tratta degli schiavi, passando per l’arrivo a Detroit fino poi al ritorno a casa, infatti una delle tappe migratorie di questo popolo sarebbe stata proprio il posto dove il duo ebbe i suoi natali, Detroit.
Del resto risulta chiaro in questo disco come la musica di Detroit fosse centrale nella produzione discografica di Drexicya, dal funk dei Parliament ai padri della techno come Atkins o Derrick May.
Nell’album le tracce ci parlano anche delle tecnologie da guerra dei drexciyani, che non usavano armi ma acqua solidificata in Hydro Cubes: l’omonima traccia, così come Antivapor Waves o Acquatic Bata Particles ci parlano di questo, il beat si fa più cupo, con synth taglienti e la 303 di Acquatic Bata Particles, costante e aggressiva.
Sarà poi Journey Home, EP del ’95 uscito con la Warp, a parlarci del ritorno in patria degli abitanti di Drexciya, con la traccia che da il nome all’EP ma soprattutto con i suoni di Black Sea, con i suoi synth acquatici e l’aggressività dei suoi synth, e Hydro Theory, pietra miliare della storia dell’electro.
Il costante richiamo al mare, che assume con il duo americano sia una chiara funzione di riferimento mitologico che di ispirazione artistica, diventerà un elemento corrente in tutta la produzione discografica drexciyana, in cui gli abissi emergono grazie all’uso dei synth e delle diverse sfumature che questi assumono con una 808 presente e rimarcata in tutte le canzoni.
Ecco dunque che il mito di Drexciya si salda in maniera sempre piu solida con la sua produzione discografica, al punto che sembra impossibile stabilire quale delle due componenti abbia influenzato di più l’altra. Come stabilire infatti se sia stata piu la leggenda drexiciyana e influenzare canzoni come Sighting In The Abyss, o viceversa?
Sembra a questo punto inutile domandarselo, quella del duo americano è infatti più che una semplice carriera votata alla musica: parliamo di una narrazione complessa, strutturata e capace di viaggiare su più mezzi, quindi qualcosa di più di un semplice prodotto da fruire, bensì un qualcosa di cui fare esperienza e da metabolizzare nel suo complesso, e di cui fare un’esperienza che a questo punto si configura come crescita culturale tout court.
L’intrecciarsi del mito con le diverse produzioni discografiche sembrerebbe un movimento a doppia elica, che possiamo percorrere sia in avanti che a ritroso per scoprire non solo il percorso storico di questo popolo sottomarino ma anche i particolari della loro cultura, che a questo punto ci si prefigura come un paradiso avanguardistico, un’utopia in cui vengono superati i mali del capitalismo e della disuguaglianza sociale.