Ecco qua, il quarto appuntamento con “Illustro chi illustra“, la rubrica che cerca di focalizzarsi sugli artisti sparsi per il web, per scoprirli noi e farli scoprire a voi.
Questa settimana è il turno di Louseen Smith.
Racconta chi sei, dove vivi, come ti identifichi nel mondo dell’arte e qual è il tuo percorso accademico. Mi chiamo Luisina Elizabeth Ilardo, in arte Louseen Smith, ho 24 anni, (Capricorniana dura). Sono nata in Argentina, ma ho vissuto in California fino ai 10 anni, dopo ho fatto un po’ di avanti e indietro fra Italia, Argentina e Spagna e finalmente mi sono fermata qui a Riccione dove ho trascorso la maggior parte della mia vita. Cerco di essere degna del titolo “fumettista” ma mi identifico più come una “storyteller” di quartiere, una racconta-balle. Ho frequentato il liceo scientifico, che mi ha fatto capire tutte le cose che non ero in grado di fare, finito quello ho fatto l’Accademia di Belle Arti di Bologna, corso di fumetto e illustrazione e mi sono sentita come un pesce che nuota per la prima volta.
Che musica ascolti mentre disegni? Consigliaci un pezzo. Dipende da cosa sto disegnando, mi serve avere qualcosa che rispecchi il mood del mio lavoro. Durante il mio parto più recente, il Curatutto, ho ascoltato tantissima musica indie americana, molto surf rock, tantissimo Alex G, che spero diventi virale anche in italia, vi costringo tutti ad ascoltare almeno “Gretel“.
Qual è la tua aspirazione di carriera più alta? Che cosa può facilitare la sua riuscita e che cosa può ostacolarla? PUBBLICARE CON LA COCONINO! Secondo me bisogna informarsi molto in generale, non solo sulla casa editrice stessa ma anche sugli artisti che ci hanno lavorato e leggere tantissimo per capire più o meno se si è in sintonia, oltre che ovviamente farsi il culo sulle tavole. Una cosa che può ostacolarmi è che lavoro sempre a mille cose contemporaneamente oltre al mio noiosissimo lavoro d’ufficio quindi in poche parole la qualità del mio lavoro ne risente.
Cos’era il primo disegno che hai visto di cui hai ricordo? E il primo che hai fatto? Questa è una domanda difficile perché ho una memoria terribile. Mio padre aveva l’hobby della pittura e quando ero piccolissima, in Argentina, ricordo che c’erano i suoi quadri appesi un po’ ovunque in casa. Li ricordo molto bene, quindi direi quelli. Il primo disegno che ho fatto sono stati gli scarabocchi sul muro, sempre in quella stessa casa. Classiche forme geometriche che vagamente sembrano delle persone. Ora ci abita un’altra famiglia in quella casa e i disegni non ci sono più 🙁
Quanto cambia il tuo lavoro se è su commissione? Come lo sviluppi se è un processo creativo forzato? Cambia tantissimo, faccio schifo nelle commissioni. Forse ansia da prestazione? Chi lo sa… Lo sviluppo come qualsiasi altro progetto, solo che ci metto il doppio del tempo e i miei livelli di autocritica raggiungono picchi insopportabili. Tiro dritto e spero non si noti!
Chi ti ispira e perché? Altri autori, i tuoi amici, i tuoi amori o chiunque. Mi ispirano tutti gli artisti che sono rimasti umili e creativi nell’animo perché mi danno molta speranza e mi trasmettono pace. Tipo Kim Deal, tipo Daniel Johnston, tipo Gipi.
Il sole esploderà prima o poi e di tutte le nostre fatiche e creazioni non rimarrà neanche il ricordo del ricordo del ricordo quindi tanto vale creare con amore, empatia e sincerità, no?
Quale è stato il tuo più grande flop inaspettato? E il tuo più grande successo? Quando studiavo all’Accademia di Belle Arti di Bologna io e le mie amiche abbiamo fondato un collettivo che è morto sul nascere. Eravamo FELICISSIME, molto tenere ed incredibilmente incapaci. Ora ci ridiamo su tantissimo, abbiamo fatto una figuraccia molto comica. Shoutout to Spine!
Fa un po’ ridere chiamarlo un successo, ma sicuramente con il Curatutto (l’ultima cosa che ho stampato) mi sta andando molto bene. A quanto pare piace e le copie che avevo stampato sono quasi finite.