Eravamo agli esordi di BUGzine, forse la nostra prima recensione della sezione punk, quando abbiamo parlato di Time & Space, ultimo disco dei Turstile, band hardcore americana che sta avendo un picco di popolarità in questi ultimi anni, tutta sudata e guadagnata.
In questa recensione parlavamo proprio di quanto la scena abbia bisogno di gruppi come questi, di un giro di rinnovamento e di sperimentazione, tesi sostenuta anche dai Bull Brigade nell’intervista che gli abbiamo fatto.
Ecco come a volerci zittire nei mesi a seguire alcune delle band storiche della scena hardcore americana, i padrini si potrebbe dire, hanno fatto uscire il loro nuovi album, il 2018 è stato l’anno delle vecchie glorie che hanno voluto dire la loro in una scena in costante fermento.
Chiariamoci: non tutti i lavori sono degni di nota, sicuramente tutti di qualità ma non tutti esaltanti.
Foto di @tchromeph_
Partiamo dagli Slapshot, che il primo giugno hanno fatto uscire Make America Hate Again, disco definito da loro stessi “anti-politico” facendoli muovere per l’ennesima volta sulla loro ambiguità per le scelte in materia nonostante il titolo sembri rivoltarsi contro il motto di Trump non emoziona nè si rinnova troppo, disco a cui si contrappone per tematiche Cropduster degli Adolescents che in copertina mette il Tycoon raffigurato come un vecchio scoreggione. Soprattutto quello degli Adolescents ha segnato un grande ritorno con sonorità si abbastanza vicine al loro passato ma con quel guizzo in più, mi piace pensare che Steve Soto ci abbia voluto mettere tutto se stesso prima di lasciarci.
In mezzo a queste due uscite si collocano i Madball che sparano fuori For The Cause, disco che vuole cercare di mantenere un contatto con le nuove generazioni grazie a due feat importanti e parecchio azzardati: Ice-T, rapper della primissima scuola hip hop, e Tim Armstrong, capace di tirare fuori un progetto come quello dei Transplants a mio parere geniale e che ha saputo rinnovare la scena punk a cavallo del millennio.
Altre tre band storiche sono uscite nel 2018 ma che non hanno saputo sfruttare la loro occasione a mio modesto parere: i Suicidal Tendencies, usciti addirittura con due album nel corso dell’anno che sicuramente migliorano il lavoro fatto con World Gone Mad ma non sanno ancora convincere come le loro vecchie glorie, i Terror, che rilasciano Total Retaliation, disco di qualità e sostanza certamente ma troppo legato a schemi già sentiti e risentiti, e infine i Casualties che ci regalano Written in Blood, album che non mi ha convinto per niente.
Ma arriviamo alla band che mi ha fatto scaturire tutto questo ragionamento: i Sick Of It All. La band newyorkese ha fatto uscire il suo ultimo album Wake The Sleeping Dragon, e credo che nessuno si sarebbe aspettato un lavoro di così alta qualità dopo più di 30 anni di attività. L’album precedente era sicuramente di ottima fattura (ci mancherebbe con tutta l’esperienza che hanno i fratelli Koller & co.) ma mi è sempre sembrato smorto, senza inventiva e troppo legato a modelli già sentiti mille volte. Con questo ultimo lavoro invece mi sembrano ringiovaniti di 20 anni, carichi a mille e pieni di ispirazione come a dire “Ok ci sono un sacco di giovani promettenti ma noi riusciamo ancora a rompere il culo”.
Questi sono solo brevi spunti di riflessione personali sul quale poter aprire un dibattito.
Insomma questo 2018 complessivamente è stato un anno di altissima qualità per chi questa scena l’ha praticamente costruita e dire che possiamo esserne tutti contenti, sempre che i Bad Religion non decidano di farci una sorpresa di fine anno.