Erica Fichera – Illustro chi illustra

In questo momento di pazzia collettiva, paranoia e quarantena, godetevi la rubrica della settimana di “Illustro chi illustra“. Conosciamo Erica, giovane freelance italobrasiliana.

Sono Erica (@erica_fichera), ho 27 anni da compiere questo Marzo e sono nata in Brasile ma naturalizzata genovese. Ho sempre vissuto e studiato a Genova, prima al liceo classico e poi all’Accademia di Belle Arti, salvo poi intraprendere per un anno un Master di Illustrazione presso la Idea Academy di Roma, dove ho vissuto per un po’ e mangiato molta carbonara. Sono una illustratrice (di base per l’infanzia, ma illustro anche altri soggetti soprattutto quando disegna senza una finalità lavorativa). Amo la natura, i libri, i gatti e i giochi di simulazione, quando posso inserisco questi elementi nei miei disegni.

Che musica ascolti mentre disegni? Consigliaci un pezzo. Ascolto davvero qualsiasi cosa, ma posso dire di avere tre macro categorie di playlist, una per ogni mood: se sono calma con la deadline o sto lavorando a qualcosa in modo tranquillo, ascolto sountrack di videogiochi o film, perché le trovo immersive e rilassanti. Se sono sotto consegna, sparo a ripetizione una playlist piena di pezzi pop anni 80 e 90, sopratutto dance. E se invece sto lavorando magari a un progetto personale, creo ad hoc una playlist per ogni progetto, e qui davvero spazio in ogni genere. Vi consiglio un pezzo davvero chill che ho scoperto con la colonna sonora di “Call Me By Your Name”: Love My Way dei The Psychedelic Furs.

Quali sono il tuo materiale preferito su cui disegnare e il tuo strumento preferito con cui disegnare? Spesso, per tempistiche o esigenze lavorative, lavoro in digitale, dove uso texture create in analogico con acrilici, pastelli, acquarelli che poi scansiono; ma in analogico adoro disegnare con grafiti, matite e inchiostro, spesso mescolando questi elementi.

Cos’era il primo disegno che hai visto di cui hai ricordo? E il primo che hai fatto? Non ricordo il primo disegno che ho visto, ma ricordo il primo che ho fatto, a 3 anni: era un garbuglio verde che, ovviamente, era una tartaruga! Ci rimasi molto male che tutti lo scambiassero per un cespuglio!

Hai un piano fisso per lavorare entro una scadenza o ogni volta è una rivoluzione? Sulla programmazione lavorativa sono molto metodica: annoto tutto nel mio bullet journal (scritto e progettato a mano) e pianifico ogni cosa. In contraddizione, se sposti l’attenzione sulla mia scrivania, trovi la definizione visiva di entropia: accumulo reference, sketches, idee e post it che possono essere utili e voglio tenere sottocchio. Poi finito il progetto, ripulisco tutto e ricomincio.

Ti piacciono i tuoi vecchi lavori? Ogni quanto vedi un salto di qualità? Molte volte consegno un lavoro e già non mi piace più, o comunque vedo tutte le migliorie che avrei potuto effettuare; sul lungo termine,  magari qualche mese riesco a percepire un cambiamento effettivo, soprattutto se mi ero prefissata di trovare un linguaggio nuovo o diverso per disegnare, ma nel presente a breve termine inseguo sempre quel “potevo perfezionarlo”.

Quanto è cambiato il tuo sguardo sulle cose da quando lo hai finalizzato alla riproduzione di ciò che vedi? Moltissimo. Una volta un insegnante, che era anche uno storyboard artist, mi disse che spesso non riusciva quasi a godersi più un film perché cercava le inquadrature, si fissava sulla parte tecnica e non seguiva il film. Ecco, da quando lavoro come illustratrice faccio caso a molti più dettagli: le luci naturali sui palazzi, la palette cromatica di un giardino, la composizione di un bel panorama…magari prima notavo e basta certe cose, ora se posso a volte ne prendo un appunto mentale dicendomi “questa sarà un ottima reference per quella tavola…”.