Slowthai è figlio dell’inghilterra peggiore

Il suo disco d’esordio Nothing Great About Britain è uno sputo in faccia al mito “british”.

L’inghilterra è da sempre una fucina di talenti musicali, per non parlare della centralità che ha avuto nella nascita del movimento punk grazie a gruppi come i Sex Pistols. Anche nella geografia del rap il Regno Unito rappresenta una scena viva e in grado di dettare tendenze, alcuni elementi della prima trap di Atlanta erano già stati compresi e rielaborati dal grime britannico prima che questa esplodesse a livello mondiale.

Il grime viene spesso frainteso come “rap alla inglese”, si tratta invece di un genere autonomo composto da molte influenze diverse tra cui dancehall, raggamuffin, UK garage, dubstep e non ultimo l’hiphop. Questa premessa serve a introdurre slowthai, un ventiquattrenne di Northampton che nel “grime” ci sguazza e guardacaso il termine deriva proprio da “sporcizia”. Per farvelo conoscere userò due espedienti: il suo nome d’arte e la sua città d’origine.

Da piccolo Tyron era chiamato Slow Ty per via di un disturbo del linguaggio che gli causava una parlata rallentata, ironico che oggi sia una delle lingue più taglienti della scena inglese. Si sente ancora però qualcosa di particolare nella sua voce: oltre al suo forte accento e all’abbondante uso di slang slowthai ha una pronuncia che lo ha reso unico.

Northampton è una città provinciale, più o meno a un’ora e mezza di macchina da Londra, qui slowthai è cresciuto in condizioni familiari difficili. Sin dai suoi primi testi ha parlato della povertà, delle giornate passate nei vicoli e nei pub tra sbronze, piccolo spaccio e bighellonaggi vari. Sa essere aggressivo o quieto nel sound, sa essere scanzonato e divertente ma anche profondo, in lui c’è lo stesso spirito che ho trovato in artisti come Massimo Pericolo (in comune questi due hanno il passato turbolento e la provincia).

Ora che vi siete fatti un’idea arriviamo al suo disco Nothing Great About Britain e già questo gioco di parole  è un buon punto di partenza: “niente di grande in (Gran) Bretagna”.

L’album si compone di undici tracce nel corpus centrale più un lato b con le sue hit già uscite in passato, i featuring sono due rapper di punta della scena inglese, Skepta e Jaykae, e il producer Mura Masa, inglese anche lui ma giunto alla fama internazionale grazie a featuring con A$AP Rocky e non solo.

Il sound è fondamentalmente grime, nelle sue molte sfumature, le ritmiche sono tantissime e differenti da quelle a cui siamo abituati, per questo il primo approccio può essere difficile.
Il rap è innovativo e caratterizzato fortemente dalla vocalità di cui parlavo prima, deve molto al punk per quanto riguarda le tematiche ma stilisticamente attinge alle fonti più svariate.

La scrittura di slowthai è ironica e tagliente, un bisturi che viviseziona la pancia del suo paese in balia di Brexit e derive nazionaliste. L’ipocrisia e il perbenismo diffusi però, come per contrasto, rafforzano il suo senso di appartenenza invece di abbatterlo.

Questo ragazzo ha spettinato il parrucchino ai Beatles, ha rubato il chiodo ai punk e ha tolto il cappellino ai gangster, ha rovesciato il the della regina e ci ha fatto un disco.

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