Kety è il testamento di un tossico – Recensione

Più di un anno è passato da Rehab, il disco di Ketama126 che tanto ci aveva stupito all’inizio dell’avventura di BUGzine. Il seguito di quel progetto non è mai uscito ma non ne faremo un problema, anche perchè ora è arrivato Kety, un’opera più corposa, quasi autobiografica ma dalle tinte macabre: uno pseudo-testamento.

Il titolo dell’articolo potrebbe sembrare un po’ forte o potrebbe far pensare che l’album non mi sia piaciuto ma non è così (anzi), è solo l’unico che rispecchia in modo limpido il concept del disco.
Ad un primo ascolto, in realtà, non ho trovato un filo conduttore, mi sembrava solo ego-trip spinto con il caratteristico stile di Ketama, poi, mentre lo riascoltavo, sono arrivato alla traccia con Tedua, LOVE BANDANA, lì un verso ha svoltato tutta la mia lettura dell’album:

Potevo essere un tossico morto
Invece sono un tossico ricco

Piero non ha mai nascosto il suo rapporto con le droghe e, pur non incitando a farne uso, ne ha sempre fatto una rappresentazione realistica.  Con questo verso ci ricorda che, al netto del successo e della ricchezza appena raggiunti, rimane un “tossico” e che quindi lo spettro della morte e dell’overdose aleggia ancora sulla sua testa.

Da questo sunto la mia teoria del testamento: Kety poteva essere il classico disco autocelebrativo invece è un testimone, un feticcio di cosa è Ketama126 nel caso dovesse lasciarci, le ultime parole di un tossico appunto. E ogni cosa nell’album da qui in poi non fa che confermarcelo.

E vorrei morire adesso, ah ah
Autopsia dopo il decesso, è droga
(Ketama126 – Jeans Strappati ft. Fabri Fibra)

Passando a parlare dei featuring anche questi riflettono la sua essenza: gli amici (Tedua, Massimo Pericolo, Generic Animal e Speranza), gli idoli di sempre (Noyz, Fibra e il Califfo) e infine la sua famiglia, la Lovegang (Franco126). Tutta la sua vita potrebbe racchiudersi in queste persone che rappresentano passaggi fondamentali della vita di Piero e dell’evoluzione artistica di Ketama.

Ricordo solo i brutti sogni (sogni)
Dico ‘fanculo ai tuoi bisogni (bisogni)
Qui dentro siamo tutti morti (morti)
Viviamo solo per i soldi (per i soldi)
(Ketama126 – Denti d’oro)

Per le produzioni vale lo stesso discorso del resto, ad un primo ascolto sembrano slegate, una serie di beat particolari senza uno specifico filo conduttore ma alla luce del ragionamento che abbiamo fatto è tutto più limpido. Sono tutte le influenze musicali che fanno parte della vita di Ketama: il punk, l’hardcore, il grunge, la trap più zarra fino a quella con venature più emo alla Gothboiclique e infine il metal con il ricercato campionamento di Tuistos Hertz di Burzum nella traccia SQUAME con Doppia N.

A questo punto parlare delle liriche sarebbe quasi superfluo e, forse, anche logorroico visto che dovrebbe essere analizzato ogni singolo verso dell’album, vi basti sapere che è una continuazione della poetica di Rehab ma con una sottile differenza: il precedente lavoro offriva uno spaccato reale della quotidianità del rapper, un lavoro realista, Kety invece è un lavoro introspettivo, nato per raccontare se stesso e per lasciare un segno.

Vorrei morire in spiaggia come fanno i gabbiani
Posso farlo oggi, lo rimando a domani
(Ketama126 – Più Forte)

Kety è un agglomerato di droghe, amore, vita di strada e musica, Kety è Piero: una prova della sua esistenza come lui stesso ha detto sui social presentando titolo e cover del disco “Ho deciso di chiamarlo così perchè dentro ci sta tutto me stesso.”

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